
Fall
di Scott Mann
È da un po' che avevo puntato questo film, aspettavo solo il momento adatto per vedere questo thriller ansiolitico poco adatto a chi soffre di vertigini. Per fortuna, la paura dell’altezza non figura tra i primi posti nella classifica delle mie fobie preferite – le mie sono altre e legate ad altri titoli – ma chi non ha mai avuto un momento di crisi esistenziale in cima a un trampolino, su una torre panoramica o peggio, in fila per le montagne russe fingendo entusiasmo mentre ti domandi perché non hai scelto di rimare a casa a guardare la partita.
Uscito nel 2022 e diretto da Scott Mann, Fall è un survival movie che punta tutto sull'idea, tanto semplice quanto efficace, di trovarsi su una torre altissima, con il vuoto sotto e il panico dentro. La storia vede come protagoniste Becky (Grace Currey) e Hunter (Virginia Gardner), due amiche legate dall’adrenalina e da un passato traumatico. Durante una scalata in montagna, Becky ha visto precipitare nel vuoto suo marito Dan – di cui era follemente innamorata – e da quel momento ha perso la fiducia in sé stessa e la voglia di andare avanti. A distanza di un anno dalla tragedia, Hunter, influencer spericolata e arrampicatrice seriale di torri, le propone una terapia d’urto, scalare una torre a traliccio abbandonata nel bel mezzo del nulla, alta oltre 600 metri. Proprio un’ottima idea per superare un trauma. A trovarne di amici del genere.
Le due ragazze, armate di GoPro, battutine da Instagram e incoscienza, si arrampicano fino alla cima… ma ovviamente qualcosa va storto. Molto storto. E quando la scala cede e si ritrovano bloccate lassù, con zero segnale, poca acqua e nessuna via di discesa, l’unica cosa che resta da fare è sopravvivere. E possibilmente non diventare cibo per avvoltoi.
Conoscendo la storia, quando, dopo poco più di una ventina di minuti, le due ragazze si ritrovano sulla cima della torre senza la possibilità di scendere, mi sono chiesto come il regista avrebbe gestito il resto del film senza cadere nella trappola della monotonia e nella sequenza di tentativi disperati di sopravvivenza. Se accettate la premessa del film – quella di mantenerci per un'ora abbondante sospesi su un traliccio arrugginito, cercando di alzare costantemente il livello di agitazione e introdurre un colpo di scena dopo l'altro – allora Fall riesce nel suo intento. Accompagnato da un ottima colonna sonora, il film mantiene alta la tensione sfruttando l'isolamento delle protagoniste per trasformarlo in una continua lotta per la loro sopravvivenza non solo fisica, ma anche psicologica (il trauma del dolore, la continua sfida con se stessi, segreti rivelati). Dal punto di vista tecnico, sebbene Fall utilizzi il green screen, le scene in cima alla torre sono state effettivamente girate a circa 30 metri di altezza, dando al tutto una sensazione di realismo che amplifica il panico delle protagoniste.
Per chi ama il genere e non ha grosse pretese se non quello di assistere a un thriller adreanalinico ad alta quota, Fall è un film riuscito dall'ansia garantita.
Film
Love Life
di Koji Fukada
Love Life è un film giapponese del 2022 diretto da Koji Fukada e presentato in concorso alla 79° Mostra d'arte Cinematografica di Venezia.
Il film racconta la storia di una giovane coppia, Taeko e Jiro che vive in un piccolo appartamento situato in un quartiere periferico di una indefinita città giapponese. I due si sono sposati da poco ma i genitori di Jiro non vedono di buon occhio il matrimonio, in quanto Taeko ha un figlio nato da un precedente matrimonio: Keita, un bambino di otto anni brillante giocatore di Othello. La vita della famiglia sembra scorrere in una calma apparente, fino a quando un tragico incidente causa la morte del bambino spezzando il fragile equilibrio, e costringendo Taeko e Jiro ad affrontare non solo il lutto, ma anche le difficoltà e le incomprensioni che hanno sempre cercato di evitare.
Il film esplora con delicatezza il tema del lutto, soffermandosi sui silenzi e sugli sguardi che dicono ciò che le parole non riescono a esprimere. È un'opera profondamente "giapponese", nel senso che per comprenderla appieno è necessario entrare in sintonia con la loro cultura. Le emozioni sono misurate, controllate, tanto che i protagonisti appaiono freddi, quasi glaciali. Fukada lavora per sottrazione, lasciando che siano i gesti e i silenzi a raccontare la sofferenza. La scena della morte del bambino è un esempio magistrale di questo approccio: ambientata nel bagno di casa, la telecamera, posizionata in una stanza adiacente, si muove lentamente attraverso la porta aperta, mentre la tragedia si consuma in silenzio. È un momento di grande intensità che apre un vuoto emotivo incolmabile. La tragedia genera un vuoto che amplifica il senso di colpa e l’incapacità di comunicare di Taeko che non riesce a trovare nel marito il conforto di cui ha bisogno. Il ritorno inaspettato di Park, padre biologico di Keita, sordomuto coreano senza fissa dimora, offre a Taeko un'ancora di salvezza, un interlocutore che comprende il suo dolore perché lo condivide. La lingua dei segni, utilizzata da Park, diventa il mezzo attraverso cui Taeko riesce a esprimere se stessa, a parlare quando le parole sembrano inutili.
Unico appunto ma non meno rilevante, la parte finale, quella in cui Taeko insegue l'ex marito fino in Corea per quello che si rivela essere non un funerale, ma un matrimonio, non è proprio riuscita. La figura di Park, scivola progressivamente verso la caricatura e l'intera sequenza, che dovrebbe concludere il viaggio emotivo della protagonista, appare invece forzata e discutibile, minando in parte l’equilibrio emotivo costruito fino a quel momento.
Un film silenzioso passato inosservato.

Terrifier 2
di Damien Leone
Sei anni dopo il primo Terrifier, nel 2022 Damien Leone torna con un sequel, riportando sullo schermo il sadico Art il Clown grazie a una campagna di crowdfunding che ha permesso di finanziare il progetto.
La trama è esile come una ragnatela bucata. Art il Clown (David Howard Thornton) risorge per tormentare una nuova sfortunata famiglia, in particolare la giovane Sienna (Lauren LaVera) e suo fratello Jonathan, in una notte di Halloween che sembra durata un'eternità.
In questo secondo capitolo, Leone spinge a tavoletta sul pedale del citazionismo slasher e aggiunge un tocco onirico alla Nightmare, senza però rinunciare alle sue classiche sequenze di gore estremo ed esagerato. A differenza del primo film, qui c’è una traccia di trama, seppur minima, ma ancora nessuna spiegazione dei perché e dei percome. Fa la sua comparsa un nuovo, inquietante villain: The Little Pale Girl, il fantasma di una bambina a metà tra Harley Quinn e un pierrot posseduto, che fa la sua (s)porca figura tra una mattanza e l'altra.
Nonostante l’indubbio miglioramento tecnico, la sensazione è che questa volta Leone abbia voluto farla fuori dal vasetto (e non è un caso che utilizzo questa espressione). L'introduzione di elementi fantasy e surreali si scontra un po' con la crudezza dell'orrore, creando un contrasto che può risultare destabilizzante. Inoltre, la durata del film - due ore e venti - è davvero eccessiva, soprattutto se consideriamo che si tratta di un B-movie pensato per un puro intrattenimento orrorifico.
Eppure, non si può negare a Leone il merito di aver osato e di non essersi limitato a ripetersi, sperimentando nuovi percorsi. Gli effetti speciali, tutti pratici, sono una celebrazione del cinema splatter anni ’80, e Art il Clown si riconferma come un’icona moderna dell’horror, pronto a mostrare il suo ghigno malefico nell'imminente nuovo capitolo della saga.
Film
Piove
di Paolo Strippoli
Dopo aver esordito accanto a Roberto De Feo in A Classic Horror Story del 2021, il giovane regista pugliese Paolo Strippoli debutta in solitaria dietro la macchina da presa con Piove del 2022.
In un quartiere di periferia di una Roma sporca e violenta, una famiglia spezzata da un tragico incidente automobilistico tenta di sopravvivere tra tensioni, rabbia e incomprensioni. Dopo la morte di sua moglie, Thomas (Fabrizio Rongione), si porta dietro un senso di colpa che sta avvelenando il rapporto con il figlio Enrico (Francesco Gheghi), un adolescente ribelle e provocatore, e la piccola Barbara (Aurora Menenti), la più giovane della famiglia, costretta sulla sedia rotelle dall’incidente che ha causato la morte della madre. Quando una forte e incessante pioggia si abbatte su Roma, dalle fogne, i vapori di una misteriosa sostanza si propaga all'interno delle case provocando una follia omicida che in breve tempo porta alla follia.
Il film è un dramma il cui orrore si manifesta solo nell'ultimo atto - la parte più interessante - usando il trauma vissuto da una famiglia per raccontare l'odio, il rancore e la rabbia in forma di un incubo melmoso e opprimente. Ho apprezzato la rappresentazione di una Roma cupa e desolata, un pò alla Seven, che descrive bene il senso di isolamento e la frustrazione dei suoi protagonisti. Il film ha una buona fotografia e un elegante regia ma la sceneggiatura di certo non spicca di originalità legandosi ad alcuni temi, molto italiani, già ampiamente trattati in numerose pellicole degli ultimi anni - il dramma familiare, il rapporto generazionale padre-figlio, il malesessere dei giovani. Alcune scene sono però molto interessanti, per esempio quella della rappresentazione della madre/moglie che si manifesta in contemporanea al figlio e al marito per istigare l'impulso omicida, oppure quella della casa piena di palloncini in cui il ragazzo si perde alla ricerca del padre da uccidere. Anche la rappresentazione della rabbia che assume la forma di un umanoide fangoso è stata realizzata abbastanza bene. Insomma, a conti fatti, la parte migliore si trova solo in un terzo del film, però il film di Strippoli merita sicuramente una visione, se non altro per incentivare produttori e registi italiani al rinascimento dell'horror italiano.
Ultimo appunto. Non riesco a trovare il motivo per cui la censura italiana lo ha fatto uscire al cinema con il divieto ai minori di anni 18. Io non ho trovato nulla di particolarmente forte ed estremo. Inspiegabile.

Smile
di Parker Finn
Film horror del 2022 diretto dal debuttante Parker Finn.
Rose Cotter, una giovane psichiatra che lavora nel reparto psichiatrico di un ospedale (interpretata da Sosie Bacon, la figlia di Kevin), riceve una ragazza visibilmente sconvolta che dice di aver assistito al brutale suicidio del suo insegnante e di essere ora perseguitata da una malvagia entità. Improvvisamente la ragazza inizia ad avere le convulsioni poi si ferma, le sorride in modo inquietante, e con un frammento di un vaso rotto si taglia la gola davanti a lei. Da quel momento Rose, che da bambina ha assistito alla morte di sua madre, inizia ad avere una serie di angoscianti allucinazioni di carattere soprannaturale che lentamente la portano alla paranoia più totale. Nessuno sembra crederle che è vittima di una sorta di maledizione e che presto anche a lei toccherà lo stesso terribile destino.
Un horror commerciale senza troppe pretese, girato bene, con una buona fotografia e numerosi jumpscare, forse troppi. A metà tra Ring, It Follows e Babadook. Basato su un suo precedente cortometraggio dal titolo Laura Hasn’t Slept , il film di Finn non spicca di certo per originalità e solo la buona interpretazione della protagonista lo salva da una bocciatura.
Film
L'Orafo
di Vincenzo Ricchiuto
L'Orafo è un film italiano indipendente prodotto da Almost Famous e diretto da Vincenzo Ricchiuto. Si tratta di un thriller/horror attualmente visibile su Prime.
La storia è quella di tre giovani delinquenti che si introducono nella casa di campagna di un anziano orafo e di sua moglie (interpretati da Giuseppe Tambieri e Stefania Casini). Riusciti a farsi dare l'accesso al laboratorio di oreficeria i tre rapinatori finiscono bloccati all'interno della stanza blindata alla mercè della coppia di anziani che sembrano nascondere dei terribili e inquietanti segreti.
La sceneggiatura è interessante e il film, escludendo la prima parte, è dotato di una certa tensione. La prova dei due "inermi" vecchietti, sopratutto la Casini è buona, ma purtroppo si contrappone con la pessima recitazione dei tre ragazzi che, sopratutto nella parte iniziale, finiscono per abbassare di parecchio la qualità del film. Peccato perchè L'Orafo per essere un film italiano con poco budget non è poi così malaccio ma, ripeto, la recitazione dei tre "delinquenti" è davvero scarsa, a tratti irritante.
Film
Lockdown Tower
di Guillaume Nicloux
Guillaume Nicloux è un regista, scrittore, sceneggiatore e attore francese che ha diretto e sceneggiato numerosi film e scritto svariati romanzi.
Riconosco di non essere un grande patito del cinema francese ma io prima di questo film non avevo la minima idea della sua esistenza.
Mi sono avvicinato a questo film incuriosito nel leggere l'incipit della trama.
Eccola. Gli inquilini di un grande palazzone popolare della periferia parigina una mattina si svegliano e scoprono che una spessa nebbia nera avvolge tutte le finestre e le porte dell'edificio, una coltre nera che divora qualsiasi cosa e chiunque tenti di attraversarla. Intrappolati all’interno senza possibilità di uscire per procurarsi da mangiare o riuscire a comunicare con il resto del mondo (internet, cellulare e televisione sono inaccessibili), gli inquilini, per sopravvivere, si organizzano in gruppi - prevalentemente legati alla razza e all'etnia - cercando con la violenza di prevalere l'uno sull'altro. Trascorrono settimane, mesi, addirittura anni e dopo aver esaurito gli animali domestici, gli abitanti sopravissuti sempre più simili a bestie abbandonati ai propri istinti [spoiler on] finiscono per nutrirsi della propra prole [spoiler off] perdendo ogni tipo di umanità in quella che è una cruda e vertiginosa discesa negli inferi di un animo umano nero come la pece.
L'idea di partenza è interessante ma viene abbondonata immediatamente. L'elemento soprannaturale della nebbia è solo un pretesto per descrivere l'orrore della natura umana e le devastanti conseguenze di questo lockdown forzato (il film è stato scritto durante la pandemia). A parte le evidenti analogie con "Il Condominio" di J.G.Ballard e sopratutto con il romanzo "Il Drive-In" di Joe R. Lansdale, il film ha una buona tensione ed è dotato di un atmosfera inquietante e claustrofobica. La fotografia giallognola contribuisce a renderlo sudicio, marcio e sgradevole. Per il resto non c'è nessun approfondimento psicologico dei personaggi e tutto si riduce a essere una estenuante lotta di sopravvivenza tra i diversi clan che danno sfogo a una primordiale ferocia.
Un film in cui il nulla si trova nella natura umana. Abbastanza ostico.

M3gan
di Gerard Johnstone
Prodotto dalla Blumhouse e diretto da Gerard Johnstone, al secondo lungometraggio dopo Housebound del 2014, M3gan è un thriller horror del 2022 che rielabora, attualizzando, il genere legato alle bambole assassine.
Dopo aver perso i genitori, la giovane Cady viene affidata alla zia Gemma, (Allison Williams), un ingegnere che lavora per una grossa società di giocattoli di ultima generazione e che nel tempo libero ha realizzato M3gan, il prototipo di un robot con sembianze umane prodotto dall’intelligenza artificiale. Troppo presa dal suo lavoro e inadatta a occuparsi della nipote, Gemma decide di affiancarle M3gan che in breve tempo diventa, oltre che una educatrice, una vera amica per Cady. Mentre l'azienda di Gemma sembra entusiasta della rivoluzionaria bambola ed è pronta a lanciarla sul mercato, M3gan inizia a diventare sempre più morbosa nei confronti della bambina distaccandosi in maniera inquietante dal controllo dei suoi creatori.
Il tema dell'Intelligenza Artificiale e la tecnologia che si ribella è un argomento che nel cinema è già stato ampiamente esplorato fin dai tempi di Hal 9000. Quindi cosa dice di nuovo questo film? Poco, se non quello che l'AI fa ormai parte del nostro presente e che ci stiamo sempre di più affidando alle macchine. L'intenzione degli autori non è quella di fornire uno spunto di riflessione oppure di sorprendere con una trama articolata, anche perchè fin dalle scene iniziali sappiamo dove si andrà a parare, bensì di dare al proprio pubblico - un pubblico giovane catturato sui social dal balletto di M3gan à-la Mercoledì subito diventato virale - il prodotto che vuole vedere. Semplicemente. Un film di intrattenimento senza troppe pretese a metà strada tra Annabelle e Terminator che potrebbe essere uscito da una delle recenti stagioni di Black Mirror. Probabilmente diventerà un franchising.

Speak No Evil
di Christian Tafdrup
Speak No Evil, film danese del 2022 diretto da Christian Tafdrup, era da tempo nella mia lista dei film da vedere, e quindi mi pareva giusto, in questo bel clima natalizio, concedermi uno dei film più ansiogeni e disturbanti che abbia mai visto.
La storia è quella di due famiglie, una danese e l'altra olandese, che si conoscono durante una vacanza in toscana. La famiglia danese è composta da Bjørn (Morten Burian), Louise (Sidsel Siem Koch) e la loro piccola figlia Agnes, mentra la famiglia olandese è composta da Patrick (Fedja van Huêt), la moglie Karin (Karina Smulders) e il figlio Abel, un bambino scontroso che non può parlare a causa di una malformazione alla lingua. Le due famiglie si piacciono e si divertono insieme durante la vacanza in Italia. Tempo dopo, tornati nelle loro rispettive case, i danesi ricevono l'invito dagli olandesi di trascorrere un week-end nella loro casa di campagna. I danesi inizialmente sono restii, alla fine non si conoscono per niente, ma per non voler essere scortesi e ricordandosi dei giorni passati bene insieme, decidono di accettare la proposta.
Il nuovo incontro però risulta diverso dal precedente. La coppia olandese accoglie la famiglia danese con ospitalità e allegria ma fin da subito ci sono una serie di comportamenti ambigui e irritanti che mettono a disagio Bjørn e Louise. I due non capiscono se si tratta di usanze e abitudini diverse dalla loro quindi in un primo momento soprassiedono. Tuttavia le continue provocazioni della coppia olandese si fanno più pressanti. Quando finalmente la famiglia danese si rende conto di essere caduta nella classica tela del ragno si ritrova incapace di reagire aspettando con rassegnazione l'inevitabile orrore.
Dal punto di vista emozionale il film di Tafdrup raggiunge indiscutibilmente il suo obiettivo: provocare una forte e crescente ansia nello spettatore che finisce da una parte per identificarsi nella coppia danese mentre dall'altra per provare un forte disagio per la loro passività. La musica, il montaggio, la stessa fotografia contribuiscono a creare una costante e disturbante tensione che a un certo punto diventa quasi impossibile da sostenere. E' per questo che il finale - quando l'orrore vero, non quello soprannaturale ma quello reale, esplode in tutta la sua credultà - diventa quasi liberatorio e accolto con accettazione. Nel comportamento passivo delle vittime ci stà l'evidente critica a una società conformistica, perbenista e repressiva - ovviamente parliamo di quella danese - che pur di agire, ribellarsi e accogliere le proprie pulsioni emotive preferisce consegnarsi inerme al proprio carnefice.
Il senso di Speak No Evil si può racchiudere in questo scambio di battutte tra Bjørn e Patrick: "Perché ci fate questo?" Perché ce lo avete permesso".
Ottimo film, peccato per gli evidenti problemi di sceneggiatura. Se accantoniamo l'aspetto emotivo e andiamo ad analizzare razionalmente il film [spoiler on] è impossibile che i due serial killer possano uccidere così tante coppie per rapire i loro figli in maniera così indisturbata e tutto alla luce del sole [spoiler off].
In tutti i modi, tralasciando questo aspetto inverosimile, Speak No Evil è di certo un film che lascia il segno e non si dimentica facilmente con uno dei finali più feroci e crudeli che abbia mai visto.

Piggy
di Carlota Pereda
Thriller/horror scritto e diretto da Carlota Pereda, Piggy è un film spagnolo del 2022 uscito quest'estate (in concomitanza con Barbie!!) in una decina di sale cinematografiche italiane, che sviluppa e amplia il suo omonimo cortometraggio di pochi anni prima vincitore del premio Goya 2019 come miglior corto di fiction.
Ambientato durante un'afosa estate in un paese di campagna spagnolo, protagonista è Sara (Laura Galán) una giovane ragazza con problemi di obesità che lavora controvoglia nella macelleria del padre. Sara è vittima di body shaming venendo bullizzata dalle sue coetanee che la chiamano "Piggy" e si divertono a mettere le sue foto sui social per deriderla. Un giorno Sara si reca nella piscina comunale dove le tre sue compagne di classe dopo averla presa di mira pesantemente gli rubano lo zaino con i suoi vestiti. Tutta la scena viene vista da uno sconociuto, che si rivelerà essere uno psicopatico omicida, che poco dopo rapisce e sevizia le tre bullette. Costretta a tornare a casa in bikini, Sara vede il furgoncino dello sconosciuto con all'interno le ragazze sanguinanti che chiedono il suo aiuto. Il rapitore si ferma offrendogli un asciugamano per coprirsi e lanciandogli uno sguardo di intesa. Terrorizzata e al tempo stesso confusa dall'unica persona che gli mostra un po’ di gentilezza, Sara prosegue per la sua strada senza dire nulla su quanto accaduto.
Piggy è la storia di una ragazza incompresa e talmente disperata da accettare l'affetto di un serial killer per prendersi una rivincita sulle sue carnefici. Almeno così sembra. E' un film che ricalca, non solo come tematiche ma anche come fotografia, alcuni slasher degli anni settanta in cui spicca l'ottima prova attoriale della protagonista. E' un horror interessante che mette in scena in tutta la sua credultà il tema del bullismo ma che secondo me scade un pò nel finale.
Film
Pearl
di Ti West
Pearl di Ti West del 2022 è il sequel di X: A Sexy Horror Story e fa parte di una trilogia che si conclude con Maxxxine, film del 2024.
Uscito da poco in Italia in streaming e home video, quindi senza passare per le sale, il film prodotto come il precedente dalla A24 (sempre loro) è ambientato durante gli anni della Prima Guerra mondiale e racconta la storia di Pearl - che in X: A Sexy Horror Story era una donna anziana - sempre interpretata dalla brava Mia Goth che qui è accreditata anche come co-sceneggiatrice.
Texas, 1918. Pearl è una giovane ragazza che vive in una fattoria dove si occupa del padre paraplegico insieme a sua madre, una donna di origini tedesche severa e autoritaria. La ragazza sogna di diventare una ballerina famosa e vivere una vita affascinante come quella dei film. I suoi sogni però si scontrano con la realtà, la madre, infelice e depressa, invece di incoraggiarla la riporta alle sue manzioni quotidiane e ai suoi doveri. Mentre attende con poca pazienza il ritorno del giovane marito andato in guerra, Pearl, sentendosi in gabbia, sviluppa un profondo odio per quella vita uccidendo una papera che poi da in pasto a un alligatore. Quando una compagnia di ballo organizza un’audizione che si terrà in città, Pearl decide di partecipare, con la speranza di iniziare una nuova vita nel mondo dello spettacolo. Nessuno può ostacolarla, né la madre, né il padre né il marito che l'ha abbandonata. E' disposta a tutto pur di inseguire il suo sogno, anche a uccidere e a rivelare il suo folle lato diabolico.
Pearl a livello di sceneggiatura dice poco, nel senso che avendo visto X sappiamo già dove va a finire. I punti di forza del film sono altri, la messa in scena e l'interpretazione della protagonista. Sulla regia, l'allestimento scenografico e la fotografia, West e i suoi collaboratori hanno fatto un ottimo lavoro ricostruendo un film in technicolor dai colori saturi e il sapore vintage. Visivamente il film si ispira ai vecchi film della Disney e ai musical degli anni cinquanta citando apertamente la Dorothy del Mago di Oz (vedi l'incontro con lo spaventapasseri ma anche la madre/strega). Sono toni quasi fiabeschi che si contrappongono nettamente con la follia della protagonista e la sua furia omicida. L'altra aspetto positivo di Pearl è la grande prova di Mia Goth che regge l'intero film fino al lungo e graffiante monologo che sfocia in una prolungata e forzata risata sotto i titoli di coda, prima che si spengano la luce dei riflettori.
Aspettando Maxxxine, Pearl l'ho preferito a X.
Film
X - A sexy horror story
di Ti West
X - A sexy horror story di Ti West è un omaggio ai film slasher del passato (Non aprite quella porta, Psycho, Venerdì 13) raccontando il dietro le quinte di un film porno alla fine degli anni settanta.
Siamo in Texas nel 1979. Un produttore insieme a una troupe cinematografica composta da un giovane regista con velleità artistiche, la sua assistente nonché fidanzata (Jenna Ortega) due attrici in cerca di fama, Maxine e Bobby-Lynne (Mia Goth e Brittany Snow) e un attore nero, nonché ex marine, si trasferiscono in un isolato casale nei pressi di una fattoria per girare un film porno chiamato The Farmer’s Daughter. Il proprietario della fattoria che ha affittato il casale, l'anziano burbero Howard, è all'oscuro di tutto. Quando sua moglie Pearl (sempre interpretata da Mia Goth truccata per sembrare anziana) scopre quello che sta accadendo, la situazione prende una brutta piega risvegliando nella donna desideri, invidie e frustrazioni mai sopite.
Il film inizia e si sviluppa seguendo tutti i cliché del genere, tanto che a un certo punto faccio la classifica su chi saranno i primi a morire. Sbaglio e questo mi rincuora.
X è girato come se fosse un b-movie in Super 8 con numerosi rimandi e citazioni ad altri film di genere. Ci sono delle belle sequenze (tipo quella dello stagno con il coccodrillo che si avvicina alla protagonista girata dall'alto) e delle interessanti interpretazioni (il tema della vecchiaia, l'invidia della giovinezza, etc).
Oltre a segnalare la presenza di Chelsea Wolfe come autrice della colonna sonora, informandomi in rete ho scoperto che X fa parte di una trilogia e che in contemporanea a questo film, quindi nel 2022, è stato girato un prequel chiamato Pearl (che ho subito recuperato).

The Northman
di Robert Eggers
The Northman del 2022 è il terzo film diretto da Robert Eggers, autore della sceneggiatura insieme allo scrittore islandese Sjón (co-sceneggiatore del film Lamb e autore dei testi di numerose canzoni di Björk).
Se i primi due lungometraggi erano stati dei film indipendenti a tutti gli effetti, con The Northman il regista americano si trova per la prima volta alle prese con una grande produzione.
The Northman è ispirato all'Amleto della mitologia normanna, un antico racconto di Saxo Grammaticus, al quale William Shakespeare si ispirò per realizzare il più famoso Amleto.
Siamo in Norvegia del X secolo. Il principe Amleth (Alexander Skarsgård) da bambino assiste alla morte di suo padre, il re Aurvandill (Ethan Hawke), ucciso in un agguato dal fratello Fjölnir (Claes Bang) per impossessarsi del regno e prendere in sposa la regina Gudrún (Nicole Kidman), la madre di Amleth. Riuscito a fuggire, Amleth viene trovato da una banda di vichinghi che lo crescono come un guerriero. Durante una razzia a un villaggio, Amleth incontra una veggente (Björk) che gli ricorda il suo destino e il suo giuramento: vendicarsi dalla morte del padre uccidendo lo zio. Spacciandosi per uno schiavo, Amleth arriva in Islanda - dove Fjölnir era stato esiliato - incontrando nel suo viaggio una schiava slava di nome Olga (Anya Taylor-Joy), che si unisce a lui per mettere in atto il suo piano e vendicarsi di suo padre.
Divisa in atti, la storia è abbastanza semplice, è un racconto epico di sangue e vendetta. Quello che balza all'occhio è la ricostruzione storica e i dettagli quasi maniacali per la scenografia e i costumi che conferiscono al film un realismo violento, brutale e sanguinoso. Gli autori sono bravi e oltre a quelli citati torna anche Willem Dafoe nella parte del giullare di corte protagonista di una sequenza in cui compie una sorta di rituale "bestiale". Nonostante la produzione gli abbia imposto dei tagli - il film dura più di due ore - la traccia autoriale del regista è ancora presente. Il piano sequenza di quando il protagonista insieme agli altri vikinghi assediano il malcapitato villaggio è davvero da urlo mentre le scene più oniriche - quella in cui appare Björk ma sopratutto quella in cui Amleth recupera la spada leggendaria con cui intende compiere la sua vendetta - sono molto suggestive. Sono delle scene che potremmo definire fantasy ma integrate perfettamente nel contesto realistico del film.
The Northman si è rivelato un flop ai botteghini incassando meno di quanto è costato. Io, pur non apprezzando particolarmente il genere, ritengo che sia uno dei migliori film epici degli ultimi anni.
Bravo Robert Eggers, ora aspetto con trepidazione il suo Nosferatu.

Nope
di Jordan Peele
Uscito nelle sale nel 2022, Nope, il terzo film di Jordan Peele, si discosta dal genere horror avvicinandosi di più alla fantascienza.
Il protagonista (Daniel Kaluuya) e sua sorella (Keke Palmer) ereditano il ranch in cui si allevano i cavalli da generazione dopo che il padre muore venendo colpito da una moneta caduta inspiegabilmente dal cielo. I due fratelli scoprono presto che un oggetto volante non identificato si nasconde tra le nuvole e che pare sia legato alla sparizione dei loro cavalli.
In questo film Peele riflette sul voyeurismo insito nello showbiz e nell'ossessione per il "grande spettacolo", sfruttando le tragedie e disastri per attirare attenzione e profitto. La vicenda di Gordy, lo scimpanzé star della TV che impazzisce in un set televisivo, funge da ulteriore sottotesto inquietante, metafora del prezzo del successo e dello sfruttamento.
Le tematiche razziali sono più sfumate rispetto ai precedenti due film ma sempre presenti anche se in modo sottile e intelligente: nel corso del film i due protagonisti dichiarano di essere discendenti del fantino di colore ripreso nel 1878 nella serie di fotografie note come Il cavallo in movimento, considerato il primo esempio di cinematografia mai realizzato nella storia.
Visivamente, Nope si muove tra la fantascienza à la Shyamalan e le atmosfere horror tipiche di John Carpenter, per poi evolversi in un climax finale che ricorda quasi un western: una sfida epica contro il misterioso UFO, che sembra incarnare tanto una minaccia fisica quanto una simbolica.
Carino, ma i due precedenti film di Peele li preferisco.
Film
Whale
di Darren Aronofsky
Darren Aronofsky è un regista che intorno gli anni duemila mi avevo preso parecchio, sopratutto con "Pi Greco" e "Requiem for a Dream". Poi, tolto "Il Cigno Nero", non mi ha più catturato come prima.
"Whale", film del 2022, è l'adattamento di un opera teatrale che ricalca in qualche modo il precedente "The Wrestler", non solo per il tema della redenzione ma anche per la scelta di riportare alla ribalta un attore rimasto da tempo fuori dal giro, Brendan Fraser, facendogli addirittura vincere l'oscar come miglior attore protagonista.
La storia si svolge tutta in un soffocante appartamento, dove un insegnante d’inglese gravemente obeso e omosessuale passa i suoi ultimi giorni di vita cercando una riconciliazione tardiva con la figlia. Il set è volutamente limitato, quasi teatrale, e la scelta si rivela vincente: lo spettatore è intrappolato, claustrofobico, come il protagonista nella sua stessa prigione di carne. La macchina da presa non scappa, si ferma, ci costringe a guardare il dolore, la solitudine e la fragilità umana con occhi sgranati.
Aronofsky ha trovato la formula per conquistare un certo pubblico. Forse ammicca un po' troppo a Hollywood ma il film coinvolge ed è ben realizzato.
Film
Everything Everywhere All at Once
di The Daniels (Daniel Kwan e Daniel Scheinert)
Incuriosito, e facilitato per averlo trovato su Prime, provo a capire il motivo del tanto clamore mediatico che ha suscitato questo film negli Stati Uniti tanto da fargli vincere ben sette premi Oscar dell'edizione 2023.
La storia è quella di una donna cinese trapiantata negli Stati Uniti che insieme al marito gestisce una lavanderia a gettoni. La donna - che ha un rapporto conflittuale con la figlia gay - ha dei problemi con le tasse e durante un incontro con la consulente dell'agenzia delle entrate viene avvicinata dal marito proveniente da un universo alternativo che gli dice che lei è l'unica speranza di salvezza dell'intero multiuniverso.
Il film è simpatico, divertente e con delle trovate esileranti - su tutte la sequenza dei würstel al posto delle dita - ma secondo me è troppo lungo, e ha un ritmo eccessivamente sincopatico, tanto che verso la fine ho fatto fatica a stargli dietro trovando un momento di sollievo solo nelle scene delle pietre.
Non vorrei che l'assegnazione di tutti questi Oscar sia stato il "risarcimento" cinematografico alle comunità cinesi di immigrati sulla scia del politically correct tanto in voga a Hollywood.

Men
di Alex Garland
Men è un film del 2022 scritto e diretto da Alex Garland.
Protagonista è una donna, Harper (Jessie Buckley), che ha vissuto il trauma del presunto sucidio del marito dopo una litigata in cui gli aveva detto che voleva lasciarlo. Per superare il trauma decide di andare in una casa in campagna nei pressi di un isolato paesino per ritrovare se stessa. Harper viene accolta da Geoffrey, il proprietario della casa, non accorgendosi che tutti gli abitanti del paese (che sia un bambino, un viscido parroco o un poliziotto) hanno il volto di Geoffrey. Nel momento in cui trova un uomo nudo nel suo giardino che la fissa immobile e che lei fa in seguito arrestare, inizia a salire la tensione che da vita a un vortice allucinogeno di visioni inquietanti e surreali.
Men è un film horror psicologico, atipico, forse difficile da comprendere, dichiaratamente femminista (detto dallo stesso Garland), una metafora contro la figura maschile, la misoginia e la cultura patriarcale.
La sequenza dell'uomo che si autorigenera più e più volte è memorabile, molto Cronenberg e Brian Yuzna.
Ottima fotografia e colonna sonora.