
Whale
di Darren Aronofsky
Darren Aronofsky è un regista che intorno gli anni duemila mi avevo preso parecchio, sopratutto con "Pi Greco" e "Requiem for a Dream". Poi, tolto "Il Cigno Nero", non mi ha più catturato come prima.
"Whale", film del 2022, è l'adattamento di un opera teatrale che ricalca in qualche modo il precedente "The Wrestler", non solo per il tema della redenzione ma anche per la scelta di riportare alla ribalta un attore rimasto da tempo fuori dal giro, Brendan Fraser, facendogli addirittura vincere l'oscar come miglior attore protagonista.
La storia si svolge tutta in un soffocante appartamento, dove un insegnante d’inglese gravemente obeso e omosessuale passa i suoi ultimi giorni di vita cercando una riconciliazione tardiva con la figlia. Il set è volutamente limitato, quasi teatrale, e la scelta si rivela vincente: lo spettatore è intrappolato, claustrofobico, come il protagonista nella sua stessa prigione di carne. La macchina da presa non scappa, si ferma, ci costringe a guardare il dolore, la solitudine e la fragilità umana con occhi sgranati.
Aronofsky ha trovato la formula per conquistare un certo pubblico. Forse ammicca un po' troppo a Hollywood ma il film coinvolge ed è ben realizzato.
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