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martedì, 24 giugno 2025
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Skinamarink - Il risveglio del male

di Kyle Edward Ball

Skinamarink – Il risveglio del male è un horror decisamente fuori dall’ordinario.
Film d’esordio del canadese Kyle Edward Ball, che si era fatto notare su YouTube con una serie di corti ispirati agli incubi raccontati dai suoi follower, Skinamarink è un’opera che potremmo definire radicalmente sperimentale. Un film che richiede tempo, pazienza e attenzione. Non si preoccupa di spiegare, non cerca di intrattenere nel senso classico del termine, ma punta tutto sull’atmosfera, sull’astrazione e sul non-detto. Diventato virale tramite passaparola sui social, è stato definito da alcuni un viaggio ipnotico nell’inconscio, da altri una prova di resistenza alla noia. Non sorprende che abbia spaccato in due pubblico e critica.

Girato interamente all’interno dell’appartamento in cui il regista è cresciuto, il film restituisce immagini che sembrano provenire da una vecchia VHS sgranata, come se qualcuno avesse lasciato accesa per errore una telecamera in casa. Lunghe inquadrature statiche, spesso decentrate, sfocate, rivolte verso angoli vuoti, su pareti spoglie, soffitti, prese elettriche.

La trama – se così si può chiamare – ruota attorno a due bambini lasciati soli in una grande casa buia. Siamo nel 1995, Kevin, quattro anni, e sua sorella Kaylee, sei anni, si svegliano nel cuore della notte e scoprono che il padre è sparito. Con lui, cominciano a scomparire anche finestre, porte, oggetti quotidiani. Kevin propone di dormire al piano di sotto, davanti alla TV, che trasmette vecchi cartoni animati. Ma al risveglio, la casa è ancora più buia, ancora più vuota. Si sentono rumori inspiegabili, voci distorte, e a un certo punto una sedia appare capovolta sul soffitto. Una presenza invisibile sembra aggirarsi nell’oscurità, durante una notte che non vuole finire mai.

Ball cerca di evocare le paura che tutti, da bambini, abbiamo avuto almeno una volta, quella di svegliarsi nel cuore della notte, da soli, senza genitori, in una casa che improvvisamente ci appare ostile, vuota, e silenziosa. I due bambini protagonisti, Kevin e Kaylee, non ci vengono mai mostrati chiaramente. Sono sagome che attraversano in silenzio l’inquadratura, spesso di spalle. Anche il padre resta una figura indistinta. Lo si sente solo all’inizio, al telefono, raccontare – forse alla madre – di aver portato Kevin in ospedale dopo averlo trovato a terra, sonnambulo, con una ferita alla testa. Ma non vediamo nulla. Tutto si svolge fuori campo, mentre la macchina da presa indugia su dettagli apparentemente insignificanti. E così sarà per tutto il film. Un’ora e quaranta di riprese fisse nella penombra, interrotte soltanto dalla luce fredda del televisore acceso. Ball lavora per sottrazione. Svuota i fotogrammi, dilata il tempo narrativo, elimina quasi del tutto l’azione, creando una tensione fatta di vuoto, attesa e disorientamento. A colmare questa rarefazione visiva interviene il suono: un sound design curatissimo, fatto di fruscii, disturbi elettrici, bisbigli, rumori ovattati che sembrano provenire da un’altra dimensione.
Skinamarink è un film fatto di sensazioni e percezioni. Non racconta, suggerisce. Il significato – sempre che ce ne sia uno preciso – è lasciato completamente allo spettatore, che può interpretarlo come metafora dell’abbandono, sogno febbrile o viaggio nell’inconscio. La casa diventa un limbo, un vuoto sospeso in cui i bambini sembrano prigionieri di un incubo senza uscita.
Vedendolo mi ha ricordato l'atmosfera di Strade Perdute di Lynch, soprattutto nella sua prima parte domestica, ma l'ho collegato anche al romanzo Casa di foglie di Mark Z. Danielewski, con cui condivide quella sensazione disturbante di oppressione e spazio che si piega su se stesso.
Dal punto di vista estetico, il film è affascinante, senza dubbio. Ma una volta capito l’intento – quello di prolungare indefinitamente una tensione quasi astratta, senza mai esplodere in scene realmente spaventose – l’esperienza tende a esaurirsi. Nella scena potenzialmente più paurosa, quella in cui la madre si trova seduta di spalle sul letto, nella penombra. Anche lì, nulla accade davvero.
Skinamarink è un’esperienza, questo sì. Ma forse sarebbe stata più efficace in forma breve. Cento minuti di piani fissi e sussurri in una casa buia sono un esperimento interessante, ma anche una sfida estrema per lo spettatore. 

Film
Horror
Canada
2022
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