
Il fantasma dell'Opéra
Gaston Leroux
Il fantasma dell'Opéra di Gaston Leroux è un classico della letteratura gotica.
Pubblicato recentemente dalla Abeditore - casa editrice che apprezzo per l'attenzione e la cura grafica che mette nelle sue pubblicazioni (pubblica solo libri "di chi è morto da almeno un secolo", così dicono nel loro profilo instagram) - ho acquistato e letto questa opera che conoscevo solo per i suoi vari adattamenti cinematografici.
Gaston Leroux nato a Parigi nel 1868 è noto principalmente per "Il fantasma dell'Opéra" pubblicato nel 1910. Proveniente da una famiglia borghese alla morte del padre ha dilapidato tutta la sua ricca eredità ai tavoli da gioco. E' stato giornalista e corrispondente estero prima di diventare uno scrittore di romanzi polizieschi e di avventura.
La storia è abbastanza conosciuta e ruota attorno alla figura enigmatica di Erik, il fantasma dal volto sfigurato che cela dietro una maschera e che si aggira nei sotterranei dell'Opéra. Erik è un personaggio complesso, a metà tra genio musicale e mostro, che si innamora perdutamente della giovane e talentuosa cantante Christine Daaé. La storia esplora il triangolo amoroso tra Erik, Christine e Raoul, il suo amato d'infanzia, attraverso una serie di eventi misteriosi e spesso tragici.
Il romanzo non mi ha catturato particolarmente e ammetto che ho fatto pure fatica a portarlo a termine. Il problema non è tanto per la prosa a tratti datata e un ritmo che può sembrare lento rispetto agli standard moderni, quanto per una storia priva di mordente e una caratterizzazione dei personaggi parecchio stereotipata. In pratica il fantasma è una sorta di tragico stalker ante litteram che cerca l'amore di una damigella in perenne pericolo contesa dal classico e prevedibile principe azzurro in un triangolo amoroso servito e condito con un'abbondante dose di melodramma e lacrime. E' la classica storia della Bella e la Bestia che secondo me riprende neanche poco il Notre Dame de Paris di Victor Hugo, un altro grande classico che non ho mai avuto il coraggio di leggere (temo la sua mole).
Affascinante invece è l'ambientazione ovvero il teatro parigino che Leroux descrive in maniera minuziosa con i suoi sotterranei, botole, passaggi segreti, ingranaggi che aprono stanze nascoste, e specchi che si trasformano in foreste tropicali. Ecco, secondo me la forza di questo romanzo sta proprio nell'ambientazione e di come il 'fantasma' sia parte integrante della struttura stessa dell'Opéra, un luogo intricato e misterioso che gli permette di sfuggire dalla realtà esterna ma che alla fine lo intrappola nel suo stesso mondo di ombre e segreti.

Blackwater I. La Piena
Michael McDowell
Lo ammetto. Ho preso questo libro affascinato dalla copertina. E' un libro in formato tascabile che ha una grafica in rilievo con dettagli metallici, dorati e luminosi. Ha uno stile retrò, come i vecchi libri ornati di una volta, ricco di disegni ed elementi grafici riconducibili alla storia. Questo è il primo dei cinque libri, tutti esteticamente simili, che insieme compongono la saga gotica di Blackwater.
Recentemente è uscito un cofanetto che li raccoglie tutti.
L'autore è Michael McDowell, scrittore e sceneggiatore americano noto per aver scritto la sceneggiatura di "Beetlejuice" di Tim Burton e parzialmente quella di "Nightmare before christmas". Autore di una trentina di libri, McDowell è morto nel 1999. Nonostante avesse richiesto che Blackwater fosse pubblicata in sei volumi, l'intera saga esce per la prima volta negli Stati Uniti nel 1983 in un unico volume riscuotendo uno scarsissimo successo.
Nella primavera del 2022 la saga di Blackwater è stata pubblicata in Francia in sei volumi, rispettando quindi la volontà dell'autore, riscuotendo un successo senza precedenti. Le copertine sono in rilievo metallico realizzate dall'illustratore spagnolo Pedro Oyarbide che l'editore Neri Pozzi, giustamente, ha riproposto anche qui in Italia.
Ma di cosa parla Blackwater? E' una saga familiare ambientata nella piccola cittadina di Perdido, in Alabama, nel 1919, dai toni vagamente soprannaturali e misteriosi.
In questo primo volume, chiamato La Piena, la città è stata sommersa dall'acqua a causa di una innondazione dovuta allo straripamento della confluenza dei due fiumi. L'alluvione ha causato danni ovunque colpendo le famiglie più ricche della città, in particolar modo quella dei Caskey, la famiglia protagonista della storia. Quando le acque iniziano a ritirarsi, Oscar, il rampollo della famiglia Caskey che gestisce una delle segherie della cittadina, soccorre una misteriosa donna dai capelli rossi, Elinor Dammer, una donna che nessuno ha mai visto prima che dice di essere la nuova maestra della scuola e di aver trovato rifugio in una stanza d'albergo durante l'innondazione. Nonostante il suo passato misterioso Elinor in breve tempo riesce a catturare la fiducia dei Caskey e conquistare il cuore di Oscar. L'unica e non fidarsi di lei è la matriarca della famiglia, la volitiva e determinata Mary-Love, che vede nella fin troppo ambigua donna e del suo strano rapporto con l'acqua, un pericolo per l'intera comunità.
Il libro è scritto con una prosa semplice e lineare, un po alla Stephen King tanto per intenderci, e risulta scorrevole e coinvolgente. Al momento più che l'aspetto soprannaturale e horrorifico a farla da padrone sono le dinamiche familari e i rapporti tra i personaggi. Per certi versi, almeno come atmosfera, mi ha ricordato Twin Peaks, quindi tutti gli ingredienti per farmelo piacere ci sono.
Prossimamente proseguo con Blackwater II. La Diga.
Libri
La meccanica degli spiriti
A.J. West
La meccanica degli spiriti è il romanzo d'esordio di A.J. West, giornalista inglese, produttore televisivo, e volto noto in patria.
Il romanzo è ambientato a Belfast e a Londra, nei primi decenni del novecento, e racconta la storia di William Jackson Crawford e della medium Kathleen Goligher, due personaggi realmente esisititi descritti nel libro di memorie di Harry Houdini.
William Jackson Crawford è un ingegnere, un uomo di scienza concreto e razionale, che vive con sua moglie Elizabeth e i suoi tre figli, cercando di condurre una vita tranquilla e dignitosa con il suo modesto stipendio di insegnante. L'improvvisa morte dell'unico figlio maschio porta la moglie a cercare conforto nella medium Kathleen Goligher, una giovane donna in grado di comunicare con i defunti. Nonostante la riluttanza e suoi dubbi, William viene trascinato nel circolo dei Goligher ritrovandosi coinvolto in una serie di sedute spiritiche durante le quali assiste ad eventi e ascolta delle voci che non riesce a spiegare e che mettono in discussione la sua razionalità e il suo scetticismo. Ossessionato da queste manifestazioni, William, da uomo di scienza qual è, inizia a condurre esperimenti per dimostrare alla comunità scientificità l'esistenza del soprannaturale. In breve tempo, grazie ai suoi studi sui fenomeni paranormali, William acquisisce fama e notorietà, diventando conosciuto come l'ingegnere degli spiriti.
La meccanica degli spiriti è un romanzo gotico che riprende le atmosfere e le tematiche dei romanzi storici di genere. I protagonisti sono personaggi realmente esistiti, ma poco approfonditi in passato, sui quali A.J. West si è documentato tramite libri e reperti per creare la sua storia. Non è una biografia perchè il tutto è romanzato quindi leggendolo non si capisce bene dove finisce la realtà dei fatti e dove inizia la fantasia. Alla fine il libro non mi è dispiaciuto. Magari un pò lento nella prima parte ma con dei buoni colpi di scena assestati nel finale. Un romanzo carino, piacevole e di atmosfera, che sembra essere stato scritto per essere portato al cinema.
Libri
The Nest (Il nido)
di Roberto De Feo
A Classic Horror Story, il film diretto da De Feo insieme a Strippoli che ho visto di recente, non mi era dispiaciuto quindi ho recuperato il primo film di De Feo con la speranza di vedere qualcosa di interessante.
In una imponente tenuta di campagna, Elena (Francesca Cavallin), una donna severa e glaciale, cresce il figlio paraplegico Samuel (Justin Alexander Korovkin) nel più totale isolamento. Al giovane, poco più che adolescente, viene impedito di uscire all'esterno delle mure di cinta ed è costretto dalla asfissiante madre a seguire delle rigide regole e suonare Bach al pianoforte. Insieme a loro, troviamo la servitù, lo zio del ragazzino e un inquietante medico (Maurizio Lombardi) ai quali è imposto di non parlare del mondo al di fuori della villa e del loro passato. Quando Samuel inizia a sentirsi prigioniero in una gabbia dorata, l'arrivo di Denise (Ginevra Francesconi), una ragazzina poco più grande di lui figlia di un amico di famiglia, scatena in lui l'impellente desiderio di fuggire e scoprire il mondo esterno.
Il film di De Feo è un thriller psicologico, cupo e claustrofobico. La fotografia ha dei toni freddi ed è virata prevelantemente in verde contribuendo a rendere l'atmosfera del film opprimente e malsana. I riferimenti a The Others di Amenabare e The Village di Shyamalan sono evidenti così come l'omaggio a un certo genere di horror gotico e misterioso della letteratura dei primi del novecento. La regia tende a valorizzare le ricche scenografie della villa con lunghi piani sequenza ma il ritmo lento e compassato, degli scricchiolii nella trama, e l'interpretazione degli attori (si salva solo l'algida Cavallin) dilata la tensione fino a un finale abbastanza prevedibile.
Apprezzo sinceramente l'impegno di alcuni giovani registi emergenti nel riportare in Italia film di un genere di cui eravamo maestri indiscussi in passato. Tuttavia, accontanando l'elogio nel fare pellicole diverse dai soliti schemi, se questo film fosse stato prodotto all'estero avrei avuto serie difficoltà a dargli una sufficienza.
Nonostante la sceneggiatura a tratti lacunosa il film sembra aver riscosso un buon successo di pubblico e critica, tanto che si prospetta anche un remake in lingua inglese.
Film
Copenhagen Cowboy
Nicolas Wending Refn
Nicolas Winding Refn è un regista che si ama o si odia.
Io adoro molto la sua estetica visiva ma capisco le motivazioni di coloro che lo trovano pretenzioso e poco accessibile. Il suo stile estremamente stilizzato, con lunghe sequenze silenziose e una cura dell'immagine che spesso sacrifica la narrazione, per molti può risultare alienante, almeno per chi cerca un racconto più tradizionale o immediato. In effetti, Refn non è interessato a raccontare storie convenzionali, il suo cinema è più una sorta di esperienza sensoriale, una discesa nell'atmosfera e nel simbolismo. Coloro che non lo apprezzano lo accusano di mettere la forma sopra la sostanza, ma per me è proprio questa audacia visiva e narrativa che lo rende unico e affascinante.
Copenhagen Cowboy è la sua seconda serie televisiva dopo Too Old to Die Young. Si può vederla su Netflix.
Protagonista è una ragazza di nome Miu, una sorta di eroina in tuta monoespressiva che viene venduta e usata come amuleto perchè in grado di conferire fortuna a chi gli sta vicino.
Ambientata nel sottobosco criminale di Copenaghen, la serie può sembrare molto criptica e di difficile lettura (in particolar modo i primi episodi) discostandosi completamente dai canoni classici delle serie tv. I ritmi lenti e ipnotici non appartengono al mondo delle produzioni commerciali e, proprio per questo, affascinano chi riesce a sintonizzarsi sulla stessa frequenza. Non ci sono facili risposte, non ci sono dialoghi esplicativi, ma un mondo opprimente e alienante che si svela piano, come se fosse un sogno dal quale non ci si può svegliare. Memorabili le inquadrature a 360°. Bellissima la fotografia e la colonna sonora.
Alla fine della serie (6 episodi), Copenhagen Cowboy non offre una chiusura tradizionale. La sensazione è quella che potrebbe esserci una seconda stagione. Staremo a vedere.

Archive 81
Serie thriller/horror prodotta da Netflix tratta da un podcast di grande successo negli Stati Uniti.
Dan, un ragazzo di New York specializzato nel recuperare vecchi nastri magnetici, viene contattato da una misteriosa azienda che gli offre un bel po' di soldi per restaurare una serie di videocassette, l'unico obbligo è quello che dovrà svolgere il suo lavoro in una villa isolata nei boschi. I nastri contengono la ricerca di un’antropologa, Melody, che nei primi anni ’90 stava realizzando un documentario, tramite videocamera, sulla storia di un condominio, conosciuto come Visser, al centro di alcune inquietanti leggende urbane. L'incarico è economicamente allettante e il ragazzo accetta ma, poco dopo essersi trasferito nella villa e aver visionato le cassette iniziano ad accadere degli strani e inquietanti eventi.
La serie è composta da otto episodi, riuscendo fin da subito a catturare l'attenzione dello spettatore chiamato, insieme ai due protagonisti, a investigare e mettere insieme tutti i pezzi del puzzle. E' una "storia nella storia" - ha molti riferimenti al ciclo di Chtulhu di Lovecraft, tracce di Rosemary Baby e al found footage alla The Ring - in cui assistiamo alla anomala "fusione" delle due vicende (quella di Dan nella villa e quella di Melody nel palazzo dell'East Village) nonostante queste siano collocate in periodi e luoghi diversi. Putroppo quando gran parte dei pezzi del puzzle vengono collocati al posto giusto e si ha un quadro completo, tutta la tensione svanisce e la serie, con il suo rassicurante spiegone, finisce per perdere mordente e non lasciare nulla.
Nonostate il finale aperto che ha lasciato il solito cliffhanger, la serie è stata cancellata e quindi non è prevista una seconda stagione.
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