
(500) Days of Summer
di Marc Webb
Non sono un amante delle commedie romantiche, ma ogni tanto mi concedo qualche eccezione. Insomma, film come Harry ti presento Sally, Il favoloso mondo di Amélie, ma anche Serendipity, non vi nascondo che se mi capita li vedo sempre volentieri.
Incuriosito da un meme che spunta spesso sui social, e soprattutto attirato dagli occhioni di Zooey Deschanel e il suo fascino un po' stralunato, mi sono visto (500) Days of Summer, film del 2009 ed esordio alla regia per Marc Webb.
In Italia, il titolo è stato trasformato in (500) giorni insieme, perdendo però il gioco di parole con il nome della protagonista, Summer, che nella versione italiana è diventata Sole.
La storia in breve. Tom (Joseph Gordon-Levitt) è un giovane architetto mancato, che lavora in una società specializzata nella realizzazione di biglietti d'auguri. La sua routine cambia radicalmente quando nella sua vita irrompe Summer (Zooey Deschanel), la nuova segretaria del suo capo. Tom se ne innamora perdutamente, convinto che sia "quella giusta" ma la fanciulla, pur ricambiando le sue attenzioni, dichiara fin da subito di non volere una relazione seria. Nonostante ciò, i due iniziano a frequentarsi, con Tom che è convinto di riuscire a farle cambiare idea anche a costo di mettere in discussione il suo concetto di amore e le sue aspettative.
Attraverso una narrazione non lineare, tra salti temporali, momenti gioiosi e ricordi agrodolci, (500) Days of Summer racconta non una storia d’amore, ma bensì la storia di un innamoramento. Vincente l'idea di alternare lo stato d'animo dei due protagonisti scegliendo di saltare da un giorno all'altro della storia non in ordine cronologico.
Marc Webb, forte della sua esperienza nei videoclip, utilizza un linguaggio visivo ricco e creativo, inserendo animazioni, momenti musical, oppure dividendo lo schermo con aspettative e realtà messe a confronto, arrivando a infilare citazioni cinematografiche di maestri come Bergman, Truffaut, e Nichols, con ironia e spigliatezza.
La colonna sonora è uno degli elementi distintivi del film. Brani di Regina Spektor, The Temper Trap, Pixies e, soprattutto, The Smiths, accompagnano e definiscono l’atmosfera del film. Iconica la scena in ascensore, in cui Tom ascolta "There Is a Light That Never Goes Out" e Summer, attratta dalla musica, si avvicina, dando il via alla loro storia. E' un film che vuole essere "indie" - vedi la classica t-shirt dei Joy Division di Tom o l’inquadratura del vinile dei Red Lorry Yellow Lorry in un negozio di dischi - anche se in realtà si rivolge a un pubblico di massa.
(500) Days of Summer è la storia di un amore a senso unico che in qualche modo mi ha ricordato Eternal Sunshine of the Spotless Mind - ovviamente con tutti i distinguo del caso in quanto ritengo il film di Michel Gondry un capolavoro. Tuttavia, anche nel film di Webb la storia è raccontata dal punto di vista maschile, quello di Tom, mettendo in luce una relazione sbilanciata e mai davvero paritaria.
Molto bravi gli attori con Joseph Gordon-Levitt che convince nel ruolo dell'ingenuo e sognatore Tom, e Zooey Deschanel - per la quale ammetto un certo debole - brava a rendere Summer la cinica e candida regina delle stronze. Sì lo so, qualcuno potrebbe obiettare che Summer fin da subito ha messo in chiaro i confini della loro relazione, però successivamente i suoi comportamenti sono parecchio contradditori che mi portano a pensare che il personaggio interpretato dalla Deschanel abbia tratti narcisistici e manipolatori nei confronti del povero innamorato.
Pur partendo da una trama quasi banale, (500) Days of Summer è un film fresco che si guarda con piacere, ma che è anche capace di lasciare spunti di riflessione sull'amore, o meglio, sulla sua idealizzazione.

Aurora
di F. W. Murnau
Aurora, film muto del 1927, è il primo film americano di Friedrich Wilhelm Murnau.
Considerato come uno dei maggiori esponenti del cinema espressionista tedesco e autore di opere memorabili come "Nosferatu", "L'ultima risata", e "Faust", Murnau arriva a Hollywood ritrovandosi a gestire un considerevole budget per dirigere il primo dei tre film per la futura 20th Century Fox.
Sunrise: A Song of Two Humans, questo il titolo originale, trionfa alla prima edizione degli Oscar, conquistando tre statuette. Anni dopo, François Truffaut lo definirà "il più bel film della storia del cinema". Eppure, nonostante i premi e il plauso della critica, il film, forse per l'avvento del sonoro proprio in quel periodo oppure per il suo linguaggio troppo innovativo per l’epoca, non ottenne il successo di pubblico sperato rivelandosi un vero e proprio flop ai botteghini.
"Aurora" racconta la storia di un giovane contadino (George O'Brien), traviato dal fascino di una seducente ragazza di città, che si lascia convincere a progettare l'omicidio della moglie per poter fuggire con l'amante. Deciso a realizzare il suo piano, l'uomo porta la moglie (interpretata da Janet Gaynor) a fare una gita in barca con l'intento di annegarla. Tuttavia, all’ultimo momento, si arresta, pentendosi per ciò che stava per compiere. Tornati a riva, la donna, sconvolta, fugge verso un tram, mentre il marito, sinceramente pentito, la segue con il desiderio di riconquistarla. Raggiunta la città, i due riscoprono la loro intimità e riaccendono il sentimento che avevano perso, compiendo un percorso di redenzione e rinascita.
Il film di Murnau è un autentico poema visivo, carico di lirismo e intensità emotiva. Uno dei vertici assoluti del cinema muto e della poetica espressionista degli anni Venti. "Aurora" si distingue per la complessità delle tecniche di ripresa, introducendo il movimento della cinepresa, la profondità di campo e facendo un intenso utilizzo di sovrimpressioni e dissolvenze. Le didascalie vengono ridotte al minimo, lasciando agli attori il compito di comunicare emozioni potenti attraverso il gesto e l’espressione. In questo senso la Gaynor che interpreta la dolce, amorevole e indifesa moglie, personificazione della donna come centro del focolare domestico, fa un lavoro magistrale che gli è valso l'oscar come migliore attrice protagonista.
"Aurora" non è solo un racconto d’amore e tradimento, ma anche una riflessione senza tempo sui desideri e sulle vulnerabilità umane. Una pietra miliare del cinema che continua a influenzare generazioni di spettatori e registi.

Il fantasma dell'Opéra
Gaston Leroux
Il fantasma dell'Opéra di Gaston Leroux è un classico della letteratura gotica.
Pubblicato recentemente dalla Abeditore - casa editrice che apprezzo per l'attenzione e la cura grafica che mette nelle sue pubblicazioni (pubblica solo libri "di chi è morto da almeno un secolo", così dicono nel loro profilo instagram) - ho acquistato e letto questa opera che conoscevo solo per i suoi vari adattamenti cinematografici.
Gaston Leroux nato a Parigi nel 1868 è noto principalmente per "Il fantasma dell'Opéra" pubblicato nel 1910. Proveniente da una famiglia borghese alla morte del padre ha dilapidato tutta la sua ricca eredità ai tavoli da gioco. E' stato giornalista e corrispondente estero prima di diventare uno scrittore di romanzi polizieschi e di avventura.
La storia è abbastanza conosciuta e ruota attorno alla figura enigmatica di Erik, il fantasma dal volto sfigurato che cela dietro una maschera e che si aggira nei sotterranei dell'Opéra. Erik è un personaggio complesso, a metà tra genio musicale e mostro, che si innamora perdutamente della giovane e talentuosa cantante Christine Daaé. La storia esplora il triangolo amoroso tra Erik, Christine e Raoul, il suo amato d'infanzia, attraverso una serie di eventi misteriosi e spesso tragici.
Il romanzo non mi ha catturato particolarmente e ammetto che ho fatto pure fatica a portarlo a termine. Il problema non è tanto per la prosa a tratti datata e un ritmo che può sembrare lento rispetto agli standard moderni, quanto per una storia priva di mordente e una caratterizzazione dei personaggi parecchio stereotipata. In pratica il fantasma è una sorta di tragico stalker ante litteram che cerca l'amore di una damigella in perenne pericolo contesa dal classico e prevedibile principe azzurro in un triangolo amoroso servito e condito con un'abbondante dose di melodramma e lacrime. E' la classica storia della Bella e la Bestia che secondo me riprende neanche poco il Notre Dame de Paris di Victor Hugo, un altro grande classico che non ho mai avuto il coraggio di leggere (temo la sua mole).
Affascinante invece è l'ambientazione ovvero il teatro parigino che Leroux descrive in maniera minuziosa con i suoi sotterranei, botole, passaggi segreti, ingranaggi che aprono stanze nascoste, e specchi che si trasformano in foreste tropicali. Ecco, secondo me la forza di questo romanzo sta proprio nell'ambientazione e di come il 'fantasma' sia parte integrante della struttura stessa dell'Opéra, un luogo intricato e misterioso che gli permette di sfuggire dalla realtà esterna ma che alla fine lo intrappola nel suo stesso mondo di ombre e segreti.