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venerdì, 25 luglio 2025
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The Ghoul

di T. Hayes Hunter

The Ghoul è un film horror inglese del 1933 diretto da T. Hayes Hunter.
Perduto per decenni, venne ritrovato nei primi anni settanta, inizialmente in una copia danneggiata, poi – circa dieci anni dopo – in una versione integra che fu restaurata e distribuita in home video.

Liberamente tratto da un romanzo di Frank King, il film racconta la storia del professor Morlant (Boris Karloff), egittologo ossessionato dall’aldilà, convinto che un antico gioiello possa garantirgli la vita eterna.  Alla sua morte, il servitore a cui aveva dato precise disposizioni sul suo funerale, gli sottrae il prezioso manufatto. A complicare le cose, un gruppo di ospiti indesiderati – nipoti ereditieri, un avvocato viscido, un prete sospetto –  si aggira per la sua tetra dimora.  E quando il cadavere di Morlant esce dalla suo sarcofago e scopre che il gioiello è scomparso, l’ira del morto vivente si abbatte contro tutti i presenti nella sua casa.

Nonostante il titolo evochi creature mostruose, The Ghoul ha poco di soprannaturale. Il suo orrore si muove nella penombra della Old Dark House, tra mistery teatrale e commedia nera. È il cugino inglese di Il gatto e il canarino, ma con le suggestioni dell’antico Egitto, già viste  ne La mummia di Freund, per rivestire di esotismo e inquietudine una vicenda tutta terrena fatta di avidità, superstizione e tradimenti. Prodotto dalla piccola casa britannica Gaumont, che cercava di emulare i successi dell’horror hollywoodiano, il film segna anche il ritorno di Boris Karloff nel Regno Unito. Il suo personaggio è quasi muto, ma basta la sua gestualità, la rigidità delle movenze e lo sguardo febbrile a restituire un’icona del terrore. Il resto del cast si muove tra fanciulle svenevoli e servitori dall’etica discutibile, dentro un impianto visivo dall'estetica espressionista. 
Nostante una trama assai esile e un finale che smonta l’apparente soprannaturale riportando tutto al terreno, The Ghoul si lascia apprezzare per l'estetica, grazie alla fotografia firmata da Günther Krampf – già direttore della fotografia di Nosferatu – che trasforma la casa in un labirinto d’ombre, manufatti egizi e silenzi inquetanti.

Film
Horror
UK
1933
venerdì, 27 giugno 2025
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La maschera di cera (1933)

di Michael Curtiz

La maschera di cera, in originale Mystery of the Wax Museum, è uno dei primi film a colori della storia del cinema. La tecnica usata è il Technicolor a due colori, che riproduceva solo una gamma limitata di tonalità, combinando rosso e verde ma escludendo il blu. Il risultato è una palette cromatica calda e innaturale, spesso con una dominante rosso-marrone o verdognola. Una resa pittorica e surreale, perfetta per l’atmosfera gotica e inquietante del racconto.

Diretto da Michael Curtiz, regista ungherese trapiantato negli Stati Uniti e noto soprattutto per Casablanca, il film è prodotto dalla Warner Bros. e si ispira a un’opera teatrale mai realizzata.

Nel cuore di una tetra Londra ottocentesca, l’artista Igor (Lionel Atwill) scolpisce statue di cera talmente realistiche da sembrare vive. Tra le sue opere più ammirate ci sono Voltaire, Giovanna d’Arco e Maria Antonietta, ma l’attività non rende e il suo socio decide di incassare l’assicurazione appiccando un incendio. Il museo va distrutto e Igor, nel tentativo di salvare le sue creazioni, resta orrendamente sfigurato.
Anni dopo, nella New York del 1933, Igor riappare con un nuovo museo delle cere, specializzato in rappresentazioni macabre e morbose. Quando iniziano a sparire cadaveri dall’obitorio cittadino, la giovane giornalista Florence (Glenda Farrell) nota una somiglianza inquietante tra le nuove statue e le vittime scomparse. Decisa a scoprire la verità, si troverà di fronte a un orrore ben più tangibile della semplice cera.

I musei delle cere hanno sempre avuto qualcosa di inquietante. Statue immobili con occhi vitrei, sorrisi congelati e dettagli morbosamente realistici si prestano bene ad alimentare quella sottile linea tra il vivo e il morto, tra l’arte e il perturbante. La maschera di cera del 1933 è uno dei primi film a giocare con questo tipo di fascinazione (non il primo in assoluto — Il gabinetto delle figure di cera di Paul Leni lo aveva anticipato di quasi un decennio), e lo fa con eleganza gotica e scenografie che rimandano all’espressionismo tedesco.
Più che un horror, il film è un melodramma macabro con punte grottesche e una forte vena ironica. Merito soprattutto della giornalista Florence, interpretata da una frizzante Glenda Farrell, più interessata allo scoop del secolo che alla verità metafisica. Le sue battute ("l’amore è bello, ma solo se ha un conto in banca") sono fulminanti, ciniche e per certi versi ancora attualissime. Le scene davvero inquietanti si concentrano nel finale, ma è l’atmosfera, più che la paura, a dominare il racconto.

Vent’anni dopo, Vincent Price avrebbe reso la storia ancora più sinistra, in un remake che riprende quasi alla lettera dialoghi e sceneggiatura del film di Curtiz.

Film
Horror
Thriller
USA
1933
giovedì, 15 febbraio 2024
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King Kong (1933)

di Merian C. Cooper, Ernest B. Schoedsack

King Kong, il primo film del 1933, è uno dei grandi classici del cinema fantastico.
Togliendo Dracula e Frankenstein, usciti un paio di anni prima ma provenienti dalla letteratura, possiamo dire che King Kong è il primo film di "mostri" del cinema, una vera e propria icona del fantastico e della cultura popolare che nel corso degli anni ha generato numerosi sequel, remake e omaggi di ogni tipo.

La trama la conoscono tutti. Carl Denham, un regista senza troppi scrupoli organizza una spedizione in una misteriosa isola per girare un film di avventura interpretato da una giovane attrice, la bionda Ann Darrow (Fay Wray). Giunti sull'Isola la troupe cinematografica scopre una tribù di indigeni che sta compiendo un rituale in onore di Kong, un gigantesco gorilla subito ribattezzato King Kong. Ann viene rapita dagli indigeni e data in sacrificio al mostruoso gorilla, ma questo, invece di ucciderla, la difende dagli altri animali preistorici che popolano l'isola. Mentre il capitano della nave e i suoi uomini riescono a recuperare la ragazza, Denham, attirato Kong allo scoperto, riesce a catturalo. Qualche settimana più tardi, a New York, nel corso di un grande evento organizzato da Dehnam in un teatro di Broadway, viene presentato al pubblico King Kong, "l’ottava meraviglia del mondo". Innervosito dai flash dei fotografi il gigantesco gorilla rompe le catene e fugge, seminando il panico per la città. Trovata Ann, la rapisce nuovamente e si rifugia con lei sopra la cima dell’Empire State Building, dove finisce per essere abbattuto da una pattuglia di aerei.

Il film fin da subito riscuote al cinema un grande successo di pubblico, impressionato, oltre che nel vedere un mostro realizzato con dagli innovativi effetti speciali per l'epoca, anche per alcune scene decisamente forti. Sequenze in cui il gorilla uccide persone calpestandole o gettandole dalla finestra, oppure scene particolarmente spinte (sempre per l'epoca) in cui King Kong, dopo aver rapito Ann, la spoglia dei vestiti per poi annusarla. Quando negli Stati Uniti entrò in vigore il cosiddetto Production Code, le scene considerate più forti vennero tagliate e il film venne ridistribuito censurato. Fortunatamente negli anni recenti il film è stato rieditato in tutta la sua interezza anche se manca la leggendaria scena in cui i protagonisti cadono in una fossa e vengono divorati da ragni giganti, una sequenza che non è mai stata ritrovata.
Parlavamo degli effetti speciali. King Kong e i mostri che popolano l'isola del teschio furono realizzati con dei modellini e girati in stop-motion, mentre gli attori venivano collocati sulla scena con la tecnica della retroproiezione e del blue screen. Un giovane che si ritrova oggi a vedere per la prima volta questo film potrebbe sorridere, ma bisogna sempre ricordare che stiamo parlando di una pellicola che ha quasi un secolo di vita e che gli effetti speciali erano i migliori che l’epoca potesse offrire. Sono effetti speciali che hanno fatto la storia del cinema e che si devono a Willis O’Brien, uno dei pionieri del cinema d'animazione che in precedenza aveva realizzato Il Mondo Perduto (The Lost World) del 1925, il primo film che mostra i dinosauri "dal vivo".

Per comprendere meglio un film come King Kong bisogna collocarlo nel contesto storico in cui venne rilasciato. In quel periodo gli Stati Uniti stavano vivendo una grave crisi finanziaria dopo il crollo di Wall Street nel 1929. L'immagine iconica della gigantesca scimmia che scala l'Empire State Building, in quel momento il più alto grattacielo del mondo, appare quindi come un attacco al simbolo economico americano. Alla fine l'attacco viene sventato, la creatura primordiale viene sottomessa dalla civiltà moderna, ma, come dice uno dei protagonisti nell'ultima battuta del film, a uccidere la bestia non è stata la flotta aerea bensì l'amore per una donna. La scena in cui il gigantesco gorilla viene abbattuto dopo aver combattuto contro i biplani e aver posato dolcemente la fanciulla sul cornicione perché non si faccia male è da antologia. Una tragica rivisitazione della favola della Bella e la Bestia che colloca questo film tra i cult movie del cinema fantastico.

Un paio di mesi fa, in occasione dei novanta anni dalla nascita del celebre film, la Rai ha realizzato una interessante puntata di Wonderland dedicata al "Re Kong".

Film
Fantastico
Avventura
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