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mercoledì, 22 ottobre 2025
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Under the Shadow - L'ombra della paura

di Babak Anvari

Prima volta che mi trovo di fronte a un horror iraniano, e devo dire che mi sorprende come questo genere riesca a oltrepassare ogni confine, adattandosi alle culture più diverse pur restando fedele a un linguaggio comune capace di dare forma alle nostre paure più intime. 
Under the Shadow, uscito in Italia con il titolo L'ombra della paura, è un horror soprannaturale del 2016 scritto e diretto da Babak Anvari, che rielabora la paura delle presenze demoniache attraverso la cultura iraniana.

Ambientato a Teheran alla fine degli anni '80, durante la guerra tra Iran e Iraq, il film ha per protagonista Shideh (Narges Rashidi), una giovane madre musulmana alla quale, a causa del suo passato attivismo politico all’università, è stato impedito di proseguire gli studi di medicina. Delusa per non poter realizzare il sogno della madre, recentemente scomparsa, Shideh si ritrova sola quando il marito, medico, viene mandato al fronte.
Con la città sotto la costante minaccia dei bombardamenti, la donna cerca di proteggere la figlia Dorsa, ma la tensione cresce quando un missile colpisce l’edificio in cui abitano. L’ordigno non esplode, ma apre una crepa nel soffitto e con essa sembra spalancarsi un varco invisibile. Shideh inizia a sospettare che presenze maligne — i djinn, spiriti della tradizione mediorientale — si siano insinuate nel suo appartamento, prendendo di mira la bambina e facendo sparire la sua bambola preferita.
Privata del suo giocattolo, Dorsa si rifiuta di lasciare la casa, alimentando un crescente conflitto con la madre e trasformando la loro quotidianità in un claustrofobico incubo domestico.

Under the Shadow è un ottimo horror psicologico che si muove su più livelli di lettura. Da una parte c’è il ritratto di una donna frustrata e isolata, costretta a cavarsela da sola con una bambina difficle, inquieta (e fastidiosamente piagnucolosa) che sostiene di vedere una presenza legata ad antiche leggende. L’appartamento in cui vivono diventa una trappola mentale e fisica, uno spazio opprimente che richiama, pur con sensibilità diversa, l’atmosfera di Babadook.
Dall’altra parte c’è lo sfondo politico e sociale dell’Iran degli anni ottanta (e non che oggi la situazione sia molto cambiata), dove la donna è oppressa e privata dei propri diritti, costretta a muoversi entro limiti imposti dal patriarcato e dalla religione. Anche un gesto dettato dal panico, come uscire in strada senza velo, può essere punito con le frustate. Il tutto mentre Teheran è travolta dalla guerra, tra sirene, esplosioni e rifugi che diventano l’unico riparo possibile.
In questo contesto la protagonista — una convincente Narges Rashidi — affronta un progressivo crollo emotivo. È una madre insoddisfatta, sola, schiacciata dal senso di colpa e da un rapporto sempre più teso con la figlia, che rappresenta insieme amore e ostacolo ai suoi desideri di libertà. La scelta di non abbandonare la casa diventa così un gesto simbolico, l’ultimo tentativo di conservare la propria indipendenza.
I demoni che la perseguitano potrebbero essere reali, frutto della mente o metafora della guerra stessa. Anvari è abile nel mantenere il dubbio, sospendendo lo spettatore tra realtà e incubo.

Under the Shadow è un esordio sorprendente e intelligente, capace di creare tensione senza ricorrere al sangue, grazie a una buona regia e un uso sapiente dello spazio e del non detto. Un paio di momenti fanno davvero sobbalzare, ma ciò che resta è la forza del suo sottotesto politico e umano: il modo in cui la paura diventa metafora della condizione femminile e, più in generale, della sopravvivenza sotto ogni forma di oppressione.
Un eccellente esempio di come l’horror possa farsi veicolo di riflessione, senza mai rinunciare alla sua potenza emotiva.

Film
Horror
Iran
2016
lunedì, 20 ottobre 2025
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Arrival

di Denis Villeneuve

Arrival di Denis Villeneuve è uno dei film di fantascienza più interessanti degli ultimi anni. Tratto dal racconto Storia della tua vita di Ted Chiang, sceglie di rinunciare alla spettacolarità a favore di un approccio più adulto e introspettivo, dove la vera minaccia non arriva dallo spazio ma dalla nostra incapacità di comunicare e di ascoltarci davvero.

Dodici astronavi aliene di forma ovulare si posano in punti diversi del pianeta. Per contenere il panico collettivo e tentare un contatto, le autorità militari reclutano la linguista Louise Banks (Amy Adams), incaricata di comunicare con la specie aliena e di comprendere il motivo del loro arrivo sulla Terra. Con l’aiuto dello scienziato Ian Donnelly (Jeremy Renner), la Banks inizia a decifrare la loro scrittura circolare, costruendo un ponte fragile non solo con gli eptopodi ma anche tra le varie nazioni coinvolte. Man mano che apprende il linguaggio, i confini tra presente e futuro si confondono, e la narrazione svela la dimensione personale della protagonista che si va a intrecciare con la crisi geopolitica.

Arrival racconta il possibile incontro dell'umanità con una civiltà aliena, ma è incentrato soprattutto sulla comunicazione e su quanto sia indispensabile trovare le "parole" giuste. Nel film la lingua degli extraterrestri non è solo un codice da decifrare, ma uno strumento capace di rimodellare la coscienza temporale di chi la comprende. La protagonista, interpretata da una bravissima Amy Adams, nel cogliere la logica del loro linguaggio, inizia a percepire il tempo come lo percepiscono loro, ovvero in maniera non lineare, dove il tempo scorre in entrambe le direzioni. Il film abbraccia una delle teorie più affascinanti del mondo quantistico, dove eliminando l’ordine di causa ed effetto, viene meno anche il concetto stesso di futuro, e con esso l’illusione di poterlo modificare.
Attraverso la splendida fotografia di Bradford Young e una regia sobria ma estremamente consapevole, Villeneuve conferisce alla narrazione una profondità che va oltre le dinamiche del contatto con gli alieni, esplorando le zone più intime dell’animo umano. Tra le pieghe del racconto si insinuano riflessioni sul tempo che ci è concesso e sulla libertà di scelta, sull’accettazione del dolore come parte integrante della vita.
Alla fine Arrival parla dell’importanza vitale della comunicazione e, inevitabilmente, della sua assenza, ovvero quella incomunicabilità causa primaria di conflitti, fraintendimenti e paure. La fantascienza diventa così un semplice scenario, un linguaggio metaforico per raccontare l’uomo e la sua condizione, la capacità di affrontare la perdita e di dare un senso alla propria esistenza attraverso il contatto con l’altro.
Un film affascinante, visivamente curato, con effetti speciali sofisticati e mai invasivi, al servizio della storia, ma non privo di difetti. Alcune scelte narrative, come l’esplosione a bordo di una delle astronavi o la rappresentazione dei Russi e dei Cinesi sempre pronti alla guerra, le ho trovate un po' stereotipate. Anche il personaggio interpretato da Jeremy Renner, l'ho trovato insignificante e ha un ruolo marginale solo nel finale, quasi a giustificare una presenza altrimenti superflua.
Rimane comunque un film interessante, un tassello importante nel percorso di Villeneuve, che partendo idealmente da Incontri ravvicinati del terzo tipo, passando per Contact e arrivando fino a Interstellar, costruisce  la sua storia universale fatta di linguaggio e di teorie sulla concezione del tempo come strumento di conoscenza e come dimensione emotiva prima che fisica.

Film
Fantascienza
USA
2016
Retrospettiva
martedì, 23 settembre 2025
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The Conjuring - Il caso Enfield

di James Wan

Nel 2016 James Wan ritorna dietro la macchina da presa per portare avanti la saga che ha ridefinito l’horror soprannaturale contemporaneo. Dopo il successo del primo The Conjuring, questo secondo capitolo sposta l’azione dall’America all’Inghilterra degli anni settanta riportando al centro la coppia di investigatori del paranormale Ed e Lorraine Warren. Questa volta la storia prende spunto da uno dei casi più noti e documentati di presunta attività poltergeist: il caso Enfield.

In una modesta casa di periferia londinese, nel quartiere popolare di Enfield, Peggy Hodgson (Frances O’Connor), madre divorziata, e i suoi quattro figli vengono tormentati da fenomeni inspiegabili che sembrano concentrarsi sulla giovane Janet. Oggetti che si muovono da soli, voci gutturali che escono dal corpo della bambina, presenze oscure che infestano l’abitazione. I Warren (Vera Farmiga e Patrick Wilson) vengono chiamati a indagare ritrovandosi a dover fronteggiare entità che mettono a dura prova non solo la loro fede, ma anche il loro legame personale.

Tralasciando la cronaca degli eventi riportati dai testimoni dell’epoca – per chi fosse interessato esistono numerosi documentari reperibili online – il film attinge al vasto materiale disponibile ricostruendo con cura sia l’atmosfera degli anni settanta sia i momenti chiave che coinvolsero la famiglia Hodgson. James Wan conferma la sua abilità nel fondere suggestioni da horror classico con un linguaggio moderno, sfruttando al meglio il budget a disposizione per orchestrare sequenze dal grande impatto visivo. Con movimenti di macchina fluidi e lunghi piani sequenza trasforma la casa degli Hodgson in un labirinto di angoscia, dosando jumpscare e tensione atmosferica. È qui che prende forma la figura demoniaca di Valak – una sorta di Marilyn Manson travestito da suora – destinata a diventare un’icona del genere e protagonista di futuri spin-off.

Pur senza brillare per originalità, The Conjuring 2 rimane un esempio riuscito di horror mainstream di facile consumo. Wan dimostra ancora una volta di essere uno dei registi più efficaci nel confezionare paura e spettacolo di intrattenimento, alternando momenti di puro terrore a una dimensione più intima e umana, in cui emergono i Warren come figure tragiche e coraggiose.

Film
Horror
Possessione demoniaca
USA
2016
martedì, 2 settembre 2025
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La cura dal benessere

di Gore Verbinski

Ci sono film in cui persino il nome del regista e il cognome della protagonista sembrano contenere un indizio sul genere a cui stai per assistere.
La cura dal benessere è un film del 2016 diretto da Gore Verbinski, — regista noto per il remake americano di The Ring e per alcuni film dei Pirati dei Caraibi — è un thriller psicologico che nel finale sfocia in un horror gotico.

Lockhart (interpretato da Dane DeHaan), un giovane e ambizioso broker di Wall Street, viene inviato dalla sua azienda a recuperare Roland Pembroke, l'amministratore delegato, che si è ritirato in un misterioso centro benessere situato in un castello nelle remote Alpi Svizzere. All'arrivo, Lockhart scopre che il centro è gestito dal dottor Heinrich Volmer (Jason Isaacs), il quale ha sviluppato una "cura" miracolosa che attrae i pazienti a rimanere. Lockhart cerca di portare a termine rapidamente il suo incarico, ma dopo un incidente d'auto si ritrova costretto a soggiornare anche lui nel centro. Qui incontra Hannah (Mia Goth), giovane e misteriosa paziente, e comincia a scoprire i terrificanti segreti del luogo. La "cura" del dottor Volmer si rivela tutt'altro che ortodossa, mettendo a rischio la sanità mentale dello stesso Lockhart.

Il film di Verbinski parte con il passo giusto. All’inizio sembra di trovarsi davanti a un thriller alla Hitchcock, misterioso, carico di tensione, sorretto da scelte registiche e stilistiche di grande impatto, soprattutto sul piano visivo. L’ambientazione gioca un ruolo fondamentale, dalla maestosità dei paesaggi alpini allo splendido castello — si tratta del castello di Hohenzollern in Germania — fino alla freddezza asettica delle sale dell’istituto, capaci di evocare un senso di alienazione che richiama alla mente le atmosfere dello Shining di Kubrik. Alcune sequenze restano particolarmente memorabili, come l’incontro con Pembroke nella sauna, l’immersione nella vasca di deprivazione sensoriale o l’impatto improvviso con il cervo.  Momenti che testimoniano l’abilità registica nel costruire suggestioni inquietanti.
Il problema nasce nell'ultimo atto, quando la storia vira verso un gothic horror ridondante. La sceneggiatura si appesantisce, alcune scelte narrative risultano forzate e la durata eccessiva — il film supera le due ore e mezza — penalizza il ritmo. A mio parere, intere sezioni, come la parentesi alla locanda, avrebbero potuto essere eliminate senza intaccare la trama. Così, nonostante le atmosfere gotiche che strizzano l’occhio a Guillermo del Toro, la tensione costruita nella prima parte si disperde, lasciando spazio a un epilogo che ricorda certi horror degli anni Sessanta. Adoro Corman e Bava, ma visto le premesse mi aspettavo decisamente qualcos'altro.
Sul fronte interpretativo, Dane DeHaan convince nei panni del giovane broker cinico e smarrito, trascinato in un incubo che non riesce più a controllare. Accanto a lui, una Mia Goth agli esordi della sua carriera che incarna con naturalezza un personaggio ambiguo e perturbante, sospeso tra innocenza e oscurità.

La cura dal benessere resta quindi un film affascinante, visivamente potente, ma secondo me, incapace di mantenere fino in fondo le promesse iniziali. Un’opera ambiziosa, che sfiora grandi potenzialità senza riuscire a esprimerle del tutto.

Film
Thriller
Horror
USA
2016
sabato, 8 marzo 2025
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Train to Busan

di Yeon Sang-ho

Di tutti i film di zombi usciti negli ultimi anni, Train to Busan è, a mio parere, uno dei più riusciti. Yeon Sang-ho, noto per il suo lavoro nell’animazione con titoli come The Fake e The King of Pigs, porta sul grande schermo un survival horror teso, frenetico e sorprendentemente emozionante. L’idea vincente di questo zombie movie coreano è ambientare una disperata lotta per la sopravvivenza all'interno di un treno in corsa. Una sorta di Snowpiercer zombesco dal ritmo serrato e incalzante.

L’agente di borsa Seok-woo (Gong Yoo) è un padre divorziato, assorbito dal lavoro e distante dalla figlia Soo-an (Kim Soo-an). Il giorno del compleanno della bambina, per farsi perdonare le sue continue assenze, decide di accompagnarla in treno a Busan, dove vive la madre. Ma poco prima che il convoglio lasci la stazione di Seoul, un’epidemia dilaga in tutto il paese, trasformando le persone in zombi furiosi. Uno di loro riesce a salire a bordo, scatenando il panico in un ambiente chiuso e senza vie di fuga. Tra i passeggeri ci sono un corpulento uomo con la moglie incinta, una coppia di anziane sorelle, un senzatetto terrorizzato, una squadra di baseball con una giovane ragazza al seguito e un manager cinico ed egoista. Tutti, loro malgrado, si trovano coinvolti in una disperata corsa per la sopravvivenza, cercando di raggiungere un’ipotetica salvezza a Busan.

Gli zombi di Yeon Sang-ho non sono quelli lenti e inarrestabili di George Romero, il creatore del moderno cinema sui non-morti, ma assomigliano piuttosto ai velocissimi e rabbiosi infetti di 28 giorni dopo e, soprattutto, World War Z. Si muovono in ondate incontrollabili, contorcendo i corpi in modo innaturale, ammassandosi l’uno sull’altro pur di raggiungere la loro preda. La sequenza in cui si aggrappano al vagone come una massa informe di corpi è visivamente impressionante e incredibilmente angosciante. Il montaggio serrato e il ritmo adrenalinico lasciano pochissimo respiro allo spettatore.
Ma Train to Busan non è solo un film d’azione, ma è anche un film che sa emozionare e, inaspettatamente, commuovere. Il rapporto tra Seok-woo e la figlia è il vero cuore della storia e si sviluppa in modo credibile e toccante. Non si tratta solo di sopravvivere agli zombi, ma di capire cosa significhi essere umani in mezzo al disastro. Chi sceglie di aiutare gli altri e chi, invece, pensa solo a sé stesso? L’avidità e la paura possono rivelarsi più letali di un’epidemia?

Ora sono curioso di vedere Seoul Station, il lungometraggio animato realizzato sempre da Yeon Sang-ho che funge da prequel e racconta le prime fasi dell’epidemia. Esiste anche un sequel del 2020 intitolato Peninsula, ma su questo ci sono opinioni contrastanti al riguardo.

Film
Horror
Zombi
Corea del Sud
2016
martedì, 4 marzo 2025
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Goksung - La presenza del diavolo

di Na Hong-jin

Il regista coreano Na Hong-jin, autore di The Chaser e The Yellow Sea, nel 2016 ci regala un film che mescola orrore, thriller e folklore. Goksung - La presenza del diavolo (conosciuto anche come The Wailing) è un film che esplora il conflitto tra bene e male, in un intreccio oscuro dove nulla è come sembra.

Nel tranquillo villaggio rurale di Goksung, qualcosa di sinistro si sta insinuando. La gente impazzisce, stermina le proprie famiglie e poi cade in un delirio catatonico riempiendosi di pustole. L’agente di polizia Jong-Goo (Kwak Do-won), goffo e poco autorevole, si trova a indagare su questa misteriosa ondata di violenza. I sospetti si concentrano su un enigmatico uomo giapponese (Jun Kunimura), un forestiero inquietante attorno al quale si rincorrono voci e superstizioni. Quando anche sua figlia Hyo-Jin mostra segni della stessa follia, per Jong-Goo la questione non è più solo professionale, ma personale. Disperato, si affida a uno sciamano, innescando una spirale di rituali, dubbi e orrori che lo porteranno a confrontarsi con il mistero del male assoluto.

Na Hong-jin costruisce una storia stratificata, capace di mescolare horror, thriller e dramma familiare. Se la prima parte gioca con il tono da noir grottesco, ridicolizzando l’inefficienza della polizia (quasi a richiamare Memorie di un assassino, con la sua ambientazione rurale tra catapecchie, capre e fango), il film poi cambia pelle, diventando sempre più cupo, soffocante e sanguinoso. Un horror soprannaturale che affonda le radici nelle superstizioni coreane.
Straordinaria la fotografia di Hong Kyung-pyo, con i paesaggi rurali della Corea, avvolti dalla pioggia e dall'oscurità, che diventano lo scenario perfetto per il senso di minaccia costante che pervade il film. Il regista è abile a disorientare lo spettatore, seminando dubbi continui e lasciando che le risposte sfuggano proprio quando crediamo di averle afferrate. Il Giapponese è davvero il demone? Lo sciamano è un alleato o un traditore? E la donna vestita di bianco, guida benevola o ennesima ingannatrice? Di certo, la figura del Giapponese incarna la paura dello straniero, un'angoscia radicata nella società coreana e legata alla memoria dell'occupazione giapponese. Goksung è film lento, forse eccessivamente lungo (qualche taglio nella prima parte avrebbe giovato al ritmo), ma è anche affascinante, inquietante e viscerale, un horror che non spaventa solo con le immagini, ma con la sensazione opprimente che il male possa annidarsi ovunque.

Film
Horror
Corea del Sud
2016
sabato, 21 settembre 2024
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Sono la bella creatura che vive in questa casa

di Oz Perkins

Il titolo di questo film, tradotto letteralmente dall'originale "I Am the Pretty Thing That Lives in the House", può trarre in inganno. Si potrebbe pensare a un comune horror di intrattenimento, facilmente assimilabile al vasto catalogo di genere su Netflix.  Nulla di più sbagliato.
"Sono la bella creatura che vive in questa casa", la seconda pellicola diretta da Oz Perkins, è una ghost-story atipica e raffinata, in cui l’orrore non risiede nelle apparizioni spettrali o nei classici colpi di scena, ma nel lento svelarsi di un senso di inquietudine profonda. 

La trama segue Lily (Ruth Wilson), una giovane infermiera incaricata di prendersi cura di una famosa scrittrice horror, Iris Blum (Paula Prentiss), una donna anziana malata di demenza. Mentre trascorre le sue giornate nella vecchia e isolata casa di campagna, Lily inizia a sentire strani rumori, vedere macchie di muffa propagarsi su una parete e percepire la presenza inquietante di una donna deceduta chiamata Polly (Lucy Boynton), protagonista di uno dei romanzi di Iris, il cui spirito sembra ancora dimorare nella casa.

Fin dal momento del suo arrivo Lily anticipa agli spettatori il suo tragico e inevitabile destino: ha ventotto anni ma non vivrà abbastanza per vedere il suo ventinovesimo compleanno.

A metà tra Henry James ed Edgar Allan Poe, il film di Perkins racconta di dolore e solitudine in un mondo sospeso tra la vita e la morte, dove il tempo sembra cristallizzarsi. Non è un film per tutti. Si tratta di un horror gotico, decisamente autoriale, che abbraccia la lentezza come cifra stilistica e richiede pazienza e attenzione da parte dello spettatore. Il ritmo contemplativo può sembrare quasi soporifero per alcuni, ma per chi è disposto ad immergersi nelle sue atmosfere rarefatte e nei silenzi pesanti, Sono la bella creatura che vive in questa casa lascia un’impronta profonda. È un’opera che scava nell’anima, regalando una bellezza sottile e inquietante, capace di risuonare a lungo nella mente e nel cuore di chi sa coglierne la delicatezza e il senso di angoscia che la attraversa.

Film
Horror
Thriller
USA
2016
Netflix
giovedì, 11 luglio 2024
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Terrifier

di Damien Leone

Il clown fa paura. Mio figlio di sette anni quando vede un pagliaccio o un mimo che fa i palloncini a forma di cane si irrigidisce e si allontana. È evidente che questi bizzarri personaggi dal naso rosso e dalle scarpe giganti più che strapparci una risata ci incutono timore. Si chiama coulrofobia, la paura dei clown, e pare che una persona su sette ne soffra a diversi livelli. Se pensiamo a personaggi come il Pennywise di "It" o il Joker di "Batman", ci rendiamo conto di come nel nostro immaginario la figura del pagliaccio sia sempre di più associata alla paura. Tutto questo preambolo per introdurvi Art, il malvagio e sadico clown creato da Damien Leone, che nel giro di pochi anni è diventato protagonista di una serie di film e cortometraggi entrando nel cuore dei fan dell’orrore.

Terrifier del 2016 è il primo lungometraggio di Leone dopo All Hallows' Eve, l'antologico dei suoi corti in cui veniva presentato per la prima volta Art il Clown. È un film indipendente realizzato con un piccolo budget grazie ad un crowdfunding su internet che ha avuto una distribuzione limitata uscendo solo in home-video.

La trama, se così possiamo chiamarla, è tanto lineare quanto efficace: è la notte di Halloween, due ragazze ubriache si trovano per strada cercando di tornare a casa dopo una festa. Mentre discutono su chi guiderà, attirano l’attenzione di un clown così inquietante da far sembrare Pennywise un semplice artista di strada. Le due amiche per riprendersi dalla sbornia decidono di recarsi in una pizzeria e prendere qualcosa da mangiare ma Art il Clown (David Howard Thornton) le raggiunge iniziando a provocarle con il suo comportamento bizzarro e sinistro. Da lì a poco la loro serata si trasfomerà in un incubo grottesco e le due ragazze si ritroveranno in una vera e propria casa degli orrori in balìa dello psicopatico pagliaccio che si diverte a praticare mutilazioni e omicidi.
Non aspettatevii grandi spiegazioni o intricati retroscena: "Terrifier" è puro, sanguinolento divertimento splatter. Un omaggio agli slasher degli anni '80 in cui la trame e i dialoghi vengono messi in secondo piano e la violenza eccessiva e disturbante la fa da padrona.

Thornton, nei panni di Art, è perfetto con la sua mimica facciale esagerata e il suo silenzio inquietante. Ogni sua mossa, ogni suo sguardo, trasuda una malvagità che non ha bisogno di parole per essere comunicata.
Le scene di violenza sono il piatto forte. Con pochissimo CGI e tanta maestranza, Damien Leone ci regala delle sequenze con violenza estrema mostrando una passione per il gore quasi artistica. La donna segata a metà mette davvero a dura prova. Nonostante tutto la scena che ho preferito è quella dell'ingresso di Art in pizzeria. Niente violenza, solo estremo disagio. Il budget limitato si fa sentire in alcuni momenti, ma il giovane regista è abbastanza abile e ciò che manca in risorse lo compensa con creatività e audacia. Interessante la fotografia e l'uso dei colori alla Mario Bava. La sceneggiatura è la parte più debole, praticamente assente, ma per un film che non si prende troppo sul serio, se non quello di spaventare e disgustare, ci può stare. Perfetto per una maratona di Halloween o per una serata in cui vuoi testare la resistenza allo splatter.

Film
Horror
Slasher
USA
2016
venerdì, 9 giugno 2023
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The Witch

di Robert Eggers

The Witch del 2016 è l'esordio alla regia di Robert Eggers.
Premiato al Sundance Film Festival per la miglior regia, The Witch viene considerato dai critici e dagli appassionati del genere il miglior horror degli anni dieci.

La storia è ambienta intorno al 1600 nel New England e narra di una famiglia puritana, ossessionata da Dio e dalla religione che, dopo essere stata cacciata dalla comunità in cui viveva, decide di trasferirsi vicino a un bosco e costruirsi una fattoria. La famiglia, composta da una coppia e i loro cinque figli, alleva le capre e coltiva il terreno ma nonostante il duro lavoro riesce a stento a sopravvivere. Un giorno Thomasin, la figlia maggiore, mentre gioca a fare il gioco del cucù con il fratellino più piccolo, si copre un momento gli occhi e quando li riapre il bimbo misteriosamente sparisce. È l'inizio della tragedia in cui la famiglia lentamente perde la fede e la speranza trovando l'uno nell'altro il peccato e il male.

The Witch è un horror insolito, molto particolare, sicuramente non rivolto a un pubblico che si aspetta jumpscare o scene che provocano uno spavento improvviso. Il film ha i suoi tempi, può sembrare lento perché gioca molto sui silenzi e la sospensione. È un film pervaso da una crescente tensione che nel finale sfocia in una opprimente angoscia.

Gli attori sono tutti molto bravi e perfetti nel loro ruolo.Tra tutti spicca la bellissima Anya Taylor-Joy, che interpreta Thomasin, la quale esprime con naturalezza quell'ingenua sensualità di una ragazzina che sta diventando donna favorendo disagio, invidia e una tensione repressiva negli altri componenti della famiglia.

Il punto di forza di questo film è però la regia, le scenografie e la fotografia. I colori sono tetri, desaturati (solo il sangue ha un rosso vivido) mentre l'illuminazione e la composizione di alcune inquadrature mi hanno ricordato i quadri del Caravaggio o dei pittori fiamminghi. Innegabilmente è un film davvero bello da vedere, di una regia che trasmette un senso di disagio e una continua tensione emotiva

È un film molto simbolico che si presta a diverse interpretazioni.
Da rivedere, più e più volte anche perchè Eggers lavora molto sulle immagini. Davvero un ottimo film.

Robert Eggers è entrato a far parte dei miei registi preferiti tanto che ho recuperato su YouTube anche i suoi primi cortometraggi: Hansel and Gretel del 2007, rivisitazione della classica fiaba dei fratelli Grimm come se fosse girato negli anni venti del secolo scorso, The Tell-Tale Heart del 2008, uno dei migliori adattamenti di un racconto di Edgar Allan Poe, e infine Brothers del 2015 che potremmo definire il cortometraggio preparatorio a The Witch.

Film
Robert Eggers
Horror
2016

© , the is my oyster