
L'âge d'or
di Luis Buñuel e Salvador Dalì
L'âge d'or è il secondo film nato dalla collaborazione tra Luis Buñuel e Salvador Dalí, dopo l'iconico Un chien andalou. Considerato uno dei manifesti più potenti del surrealismo cinematografico, questa pellicola è un'opera visionaria e provocatoria che si scaglia con feroce ironia contro le convenzioni borghesi dell'epoca. Un delirante pugno allo stomaco che sfida dogmi morali, religiosi e sociali, spingendo il pubblico in un territorio di pura anarchia creativa.
Alla sua uscita nel 1930, L'âge d'or scatenò un vero e proprio scandalo. Le immagini provocatorie e il messaggio dirompente del film portarono a una censura immediata in Francia. La pellicola venne accusata di blasfemia e oscenità, soprattutto per le sue rappresentazioni dissacranti della religione e per il modo in cui metteva alla berlina la morale borghese. Dopo solo pochi giorni di proiezioni il film fu ritirato dalle sale e bandito per quasi vent'anni. Solo nel 1950, grazie a una rivalutazione critica e storica, il film tornò a essere proiettato, confermando il suo status di capolavoro controverso e intramontabile.
L'âge d'or si apre con un prologo documentaristico sugli scorpioni, un'immagine simbolica che suggerisce tensioni sotterranee e conflitti velenosi. Da qui, la narrazione si sviluppa in modo frammentato, seguendo l'amore appassionato e tormentato dei due protagonisti, due amanti. La loro relazione, però, è costantemente ostacolata da una società ipocrita e repressiva, dominata da convenzioni religiose, morali e sociali.
Il film è una successione di scene che si alternano in un flusso onirico e disarticolato. Passiamo da una processione religiosa interrotta dai due amanti che, cedendo alla passione, si rotolano nel fango, a un ricevimento in una villa borghese che si trasforma in un circo grottesco, dove i due amanti provano a consumare il loro desiderio, fino ad arrivare a un finale che, richiamando i temi di 120 giornate di Sodoma di De Sade, rasenta la blasfemia. In questa scena vediamo quattro nobili che escono da un castello dove sono avvenute orge e violenze indicibil preceduti nientemeno che da Gesù Cristo.
Le immagini più iconiche del film, come la mucca adagiata sul letto della protagonista, i vescovi ridotti a scheletri su una scogliera, un uomo che spara ad un ragazzino per vendicarsi di uno scherzo innocuo, o gli insetti che infestano il volto di un borghese, sono cariche di un simbolismo disturbante e provocatorio. L'erotismo permea l’intero film, con momenti di trasgressione come il conturbante fellatio della protagonista al dito del piede di una statua, oppure le dita degli amanti infilate in bocca e poi mutilate, evidenziando come il desiderio possa essere una forza liberatoria ma anche distruttiva. I protagonisti, schiavi delle loro pulsioni, si rivelano vittime e carnefici al tempo stesso, incapaci di vivere il loro amore senza sfociare nella distruzione.
L'âge d'or è una critica feroce e delirante rivolta alla chiesa, alla borghesia e al capitalismo, visti come pilastri repressivi di una società soffocante. È un’opera anarchica e graffiante, che demolisce qualsiasi convenzione – familiare, culturale, religiosa o sociale – in nome di una libertà creativa e assoluta.
Film
L'angelo azzurro
di Josef von Sternberg
L'Angelo Azzurro di Josef von Sternberg, oltre a essere il primo film sonoro del cinema tedesco, è anche la pellicola che ha consacrato Marlene Dietrich come una leggenda del grande schermo. Nel ruolo di Lola-Lola, l'affascinante e spietata cantante di cabaret, Dietrich non solo ha definito la sua carriera, ma ha anche incarnato l'archetipo della femme fatale, la mangiatrice di uomini, seducente, peccaminosa e pericolosamente irresistibile.
Tratto dal romanzo "Professor Unrat" di Heinrich Mann (fratello del più celebre Thomas), la storia vede come protagonista Immanuel Rath (Emil Jannings), un severo e rispettabile professore di ginnasio, che mosso da un senso di dovere morale, cerca di reprimere i comportamenti dissoluti dei suoi studenti, attratti dalla figura di Lola-Lola (Marlene Dietrich), cantante e ballerina dai costumi disinvolti che si esibisce all'Angelo Azzurro, un cabaret malfamato. Tuttavia è proprio lo stimato professore a innamorarsi perdutamente di Lola Lola, al punto da compromettere la sua carriera e la sua reputazione. Dopo aver chiesto di sposarlo, Rath accetta di seguirla nelle sue tournée ma, esaurite le disponibilità economiche si ritrova a condurre una vita sempre più umiliante e degradata, che lo porta a vendere ai clienti dei locali, in cui Lola si esibisce, le foto della cantante seminuda. Tornato nella sua città natale, Rath è costretto a esibirsi come pagliaccio in uno spettacolo proprio all'Angelo Azzurro, davanti ai suoi ex concittadini, che lo deridono e lo disprezzano, uscendo di senno quando scopre che la donna che lo ha portato alla sua rovina, lo tradisce con un altro uomo.
L’Angelo Azzurro è la storia di un uomo che distrugge sé stesso inseguendo un sogno illusorio, un desiderio che si trasforma in ossessione. La scena finale è straziante e l'urlo disperato del professore, è quello di un uomo ormai privo di dignità, schiacciato dalla consapevolezza della sua sconfitta. In quella maschera da clown e in quel grido finale si concentra tutto il crepuscolo di un’esistenza consumata dall’illusione della bellezza e del desiderio che, per un attimo, si erano fatti carne.
Josef von Sternberg dirige con grande maestria, impreziosendo il film con richiami all’espressionismo tedesco, visibili soprattutto nelle ombre e nelle geometrie che dominano le inquadrature della cittadina. Straordinaria l’interpretazione di Emil Jannings, che riesce a incarnare con dolorosa intensità il degrado emotivo del vecchio e ingenuo professor Rath. Allo stesso modo, Marlene Dietrich si impone come una presenza magnetica, un concentrato di desiderio, sensualità e spietata indifferenza. Indimenticabile quando canta (a cavalcioni di una sedia) Ich bin die fesche Lola.
Un film amaro e drammatico, che racconta una storia d'amore impossibile, destinata a sfociare in tragedia.
Film
Omicidio!
di Alfred Hitchcock
"Omicidio!" (Murder!) è un film del 1930 diretto da Alfred Hitchcock, una delle prime opere sonore del maestro del brivido. Tratto dal romanzo "Enter Sir John" di Clemence Dane e Helen Simpson, il film è stato girato contemporaneamente anche con attori tedeschi uscendo l'anno successivo con il titolo di Mary (all’epoca non esisteva il doppiaggio e i film venivano girati in diverse versioni).
La storia ruota attorno al processo di Diana Baring (Norah Baring), un'attrice accusata dell'omicidio della sua collega Edna Druce. Tutti gli indizi puntano contro Diana, che viene trovata sul luogo del delitto con un'arma in mano e senza ricordare nulla dell'accaduto. Sir John Menier (Herbert Marshall), un famoso attore e membro della giuria, è convinto dell'innocenza di Diana e decide di condurre un'indagine personale per trovare il vero colpevole.
"Omicidio!" è un film giallo piuttosto canonico, in cui la scoperta del colpevole avviene con un colpo di scena finale. Hitchcock, tuttavia, non amava i gialli a enigma, i cosiddetti "whodunit", poiché riteneva che l'interesse si concentrasse unicamente sul finale. Questo film è considerato una delle sue opere minori, a causa di una trama poco avvincente e dei dialoghi lunghi e statici che ne appesantiscono il ritmo, come nella parte processuale. Nonostante ciò, "Omicidio!" contiene alcune sequenze particolari e scelte innovative per l'epoca. Un esempio è la scena in cui Sir John riflette sull'omicidio mentre si rade, con la sua voce sovrapposta ai pensieri, anticipando l'uso del monologo interiore e della voce fuori campo. Un'altra scena significativa è quella dell'ombra del cappio che si alterna alle inquadrature della detenuta angosciata che cammina nella cella. Infine da segnalare come il tema del teatro sia presente in tutto il film, sia nell'impostazione che nel gioco della simulazione, così come merita attenzione anche il tema dell'omosessualità, trattato in modo sottile in un film del 1930.
Film