
Godzilla (2014)
di Gareth Edwards
Tra il primo film del 1954 all'ultimo rifacimento del 2014 sono stati realizzati numerosi film su Godzilla, il gigantesco lucertolone preistorico giapponese.
Il film di Gareth Edwards (regista americano specializzato in blockbuster di azione) sebbene sia nato inizialmente come un semplice reboot del celebre mostro giapponese di Honda Ishiro è il primo film del franchise chiamato MonsterVerse (un universo condiviso che oltre a Godzilla comprende King Kong e gli altri kaiju, i mostri della fantascienza giapponese).
La trama in breve. Un ingegnere nucleare americano di nome Joe Brody (Bryan Cranston) non si da pace finchè non scopre la verità sulle ragioni del disastro della centrale nucleare giapponese che quindici anni prima ha provocato la morte di sua moglie. Nonostante le autorità cerchino di nascondere la verità, Joe, insieme a suo figlio Ford (Aaron Taylor-Johnson) scopre che a causare il disastro è stato il risveglio di creature insettoidi di origine preistorica note come M.U.T.O. (Massive Unidentified Terrestrial Organisms) che insieme a Godzilla, un enorme creatura leggendaria che si pensava fosse solo un mito, sono emersi dal sottosuolo e dalle profondità del mare e ora minacciano l'umanità. Quando Godzilla nel 1954 venne avvistato per la prima volta, il mondo cercò di eliminarlo, mascherando gli attacchi come test nucleari. Impossibilitati a distruggerlo, i vertici delle nazioni mondiali istituirono il M.O.N.A.R.C.H, un organizzazione il cui compito è quello di monitorare la creatura e tenere segreta la sua esistenza alla popolazione. Ora che Godzilla e le altre due creature si sono rivelate, l'umanità cerca di sopravvivere assistendo alla lotta di questi giganteschi mostri. Inaspettatamente Godzilla emerge come una forza protettrice.
Il film di Gareth Edwards ci mette davvero tanto tempo a carburare e gioca molto sulle attese. Molte sequenze sono al buio e quando i mostri alla fine appaiono (Godzilla si fa attendere parecchio) le creature vengono quasi sempre inquadrate dal basso come se il regista ci tenesse a fornirci il punto di vista delle persone che assistono impotenti all'epico scontro. E' una scelta stilistica che ci può stare e che ho apprezzato. Buoni gli effetti speciali e le scene di azione molto meno gli attori protagonisti (tolto Cranston) che risultano inutili spettatori e privi di carisma. La sceneggiatura seppur scontata mantiene il fascino del film originale offrendo riflessioni sul rapporto dell'umanità con la natura e il potere distruttivo delle forze che non possiamo controllare.
Un monster movie godibile ma senza troppe pretese.

Babadook
di Jennifer Kent
Da amante del genere, Babadook, film del 2014 scritto e diretto dall'esordiente regista australiana Jennifer Kent, si rivela uno dei film horror più interessanti degli ultimi anni.
Il film vede come protagonisti una madre vedova, Amelia (interpretata dalla bravissima Essie Davis) e da suo figlio (Noah Wiseman) un bambino estremamente vivace e problematico. La storia ha inizio sei anni dopo il tragico incidente d'auto in cui perse la vita il marito, incidente avvenuto proprio mentre la coppia si stava recando in ospedale per dare alla luce il loro primo figlio. A distanza di anni Amelia non è ancora riuscita a elaborare il lutto, è una donna stanca e vulnerabile che non trova nessun conforto nei familiari o nelle istituzioni e che deve gestire da sola un bambino iperattivo e a tratti violento, convinto dell'imminente arrivo di un mostro che ucciderà entrambi. Un giorno in casa appare un inquietante libro a pop-up, che Amelia non ricordava di aver comprato, nel quale si racconta l'arrivo del Babadook, l'uomo nero. E' l'inizio di una vertiginosa discesa nella follia e nella disperazione in cui il mostro prende vita spingendo Amelia nel collasso psicologico.
Babadook più che un film di paura - lo è perchè contiene in parte tutti clichè del genere - è un horror psicologico e angosciante in cui la protagonista precipita in un delirio claustrofobico scaturito da tutto il malessere e l'oscurità che si è portata dietro dalla morte dell'amato marito. Babadook è la metafora evidente del dolore e della depressione. Un dolore che per quanto si voglia nascondere, rinnegare, non può essere eliminato. E non potendo liberarsi dei propri demoni, il mostro dell'anima va quindi affrontato, combattuto e infine accettato. Siamo costretti a conviverci e magari alla fine a chiuderlo in cantina per andarlo a trovare di tanto in tanto.
Una menzione particolare alla regia della Kent in cui, più che a mostrare Babadook (una sorte di Conte Orlok animato daTim Burton) o di servirsi di prevedibili jumpscare ed effetti visivi, interessa ricreare con tecnica sopraffina il disagio e la tensione claustrofobica dietro le pareti domestiche. Notevole le numerose citazioni e gli omaggi ai maestri dell'horror del passato tra cui Mario Bava.
Quanto mi piacerebbe possedereThe Babadook Pop-Up Book, la riproduzione fedele del libro presente nel film. Purtroppo è uscito in copie limitate e ora su ebay viene venduto a cifre spropositate.
Film