
La casa delle bambole - Ghostland
di Pascal Laugier
Nonostante qualche difficoltà tecnica nella visione, mi sono visto Ghostland, un horror di Pascal Laugier del 2018 distribuito in Italia con il titolo La casa delle bambole, in aggiuta al titolo originale. Per una volta mi sento di condividere questa scelta, anche perché più che i fantasmi, a dominare la scena sono proprio le bambole.
Il film racconta la storia di due sorelle adolescenti, Beth (Emilia Jones da giovane, Crystal Reed da adulta) e Vera (Taylor Hickson e Anastasia Phillips), che si trasferiscono con la madre (Mylène Farmer) nella casa ereditata da una zia eccentrica, in una località sperduta della provincia americana.
Due sconosciuti, a bordo di un sinistro furgone dei dolci, fanno irruzione nella casa. Una coppia di psicopatici — una donna ambigua e sfuggente e un energumeno calvo con disturbi psichici — aggredisce la madre e inizia a torturare le due ragazze.
Anni dopo, Beth, ormai scrittrice di successo, torna in quella casa per ritrovare la sorella e affrontare il trauma. I confini tra realtà e allucinazione si sfaldano. Il vero orrore è nella mente o nella realtà?
Senza entrare nei dettagli — anche se il colpo di scena a metà film è tutt’altro che sorprendente — Ghostland si muove nel territorio del torture porn, senza estremi, ma con ritmo serrato e montaggio frenetico.
La casa, tra bambole inquietanti, luci soffuse, tappezzerie pesanti e specchi segreti, è la vera protagonista. Dei due psicopatici — un Severus Piton transgender e un obeso bamboccione dalle pulsioni sessuali deviate — non sappiamo nulla. Servono solo alla messa in scena, come le bambole, che restano puro elemento visivo.
A un certo punto spunta anche H. P. Lovecraft, già citato nel cartello iniziale, che appare alla giovane Beth con il suo bel mascellone per darle consigli da scrittrice. Un omaggio gradito, ma francamente scollegato dalla trama.
Una nota tragica accompagna il film: l’attrice Taylor Hickson si è ferita seriamente al volto durante una scena sul set.
Pascal Laugier realizza un horror derivativo ma ben confezionato. Sceneggiatura scarna, atmosfera cupa, qualche suggestione visiva azzeccata. Ghostland si lascia guardare ma i tempi di Martyrs mi sembrano lontani.
Film
Possum
di Matthew Holness
Possum è un horror psicologico del 2018 scritto e diretto da Matthew Holness, qui al suo esordio come regista e sceneggiatore. E' un film molto particolare, surreale, cupo e intimista che ha ricevuto numerosi nomination e premi nei vari festival di genere. In Italia non è mai uscito al cinema e attualmente è disponibile su Prime Video.
Protagonista è un uomo di mezza età chiamato Philip (Sean Harris), che torna nella fatiscente casa di infanzia, in cui è cresciuto con lo zio tutore Maurice (Alun Armstrong), dopo la tragica morte dei genitori. Philip è un uomo psicologicamente provato, silenzioso e inquietante che se ne va in giro nelle desolate e grigie campagne inglesi cercando di sbarazzarsi di un raccapricciante manichino - una testa attaccata a dei rami, quasi a formare le zampe di un ragno - che tiene chiuso dentro una borsa di pelle. Nonostante cerchi di liberarsi, Possum, il mostruoso pupazzo, in un modo o nell'altro torna sempre da lui. Inizialmente è Philip che disperatamente lo va a recuperare, quasi non potendone fare a meno, ma in seguito la marionetta aracniforme con la testa umana prende vita tornando dal suo proprietario in quello che sembrerebbe essere il delirio allucinato del protagonista.
Possum è una metafora che rappresenta il trauma subito da Philip quando era bambino, il senso di colpa per aver (forse) causato accidentalmente la morte dei suoi genitori, oppure il peso delle violenze subite da parte di un zio laido e sgradevole che ha abusato di lui approfittando della sua fragilità. Un peso che per quanto sia doloroso è talmente radicato in lui da non poterne fare a meno.
Possum non è adatto a coloro che cercano in un film horror i soliti jumpscare o l'effetto speciale, ha pochissimi dialoghi ed è in gran parte costituito da sequenze in cui il protagonista se ne va in giro a gettare e riprendersi il pupazzo. Ha una ottima fotografia e una colonna sonora dominante che sopperisce a una sceneggiatura minimale. E' un film decisamente lento, suggestivo e kafkiano - non solo per il ragno ma per il senso di angoscia vissuto del protagonista - che per l'atmosfera opprimente mi ha ricordato il David Lynch di Eraserhead e sopratutto lo Spider di David Cronenmber sia per le ambientazioni che le dinamiche del protagonista.
Probabilmente è dovuto al fatto di aver visto i due film a distanza di pochi giorni ma io ho trovato parecchie analogie pure con Beau ha paura. Certo, l'atmosfera e il ritmo sono diversi, ma in tutti e due il protagonista è un uomo emotivamente disturbato che combatte con il senso di colpa e vive in un mondo surreale e angosciante. Inoltre nel corto di Ari Aster, quello da cui è tratto il film, vediamo il protagonista scrivere ripetutamente su un cruciverba la parola "possum". Sara un caso?
Film
Hereditary
di Ari Aster
Hereditary - Le radici del male (mannaggia ai titoli italiani) è il primo lungometraggio di Ari Aster. Uscito nel 2018 e prodotto dalla A24 (tanto per cambiare) Hereditary è un film horror che gioca sulla tensione per poi sfociare nell'orrore puro.
Annie Graham (una bravissima Toni Collette) e la sua famiglia, dopo la morte dell'anziana madre, si ritrova a dover affrontare la sinistra eredità della sua stirpe. Annie è un artista che lavora nel campo del modellismo, soffre di sonnambulismo e nonostante il supporto del premuroso marito (Gabriel Byrne) ha dei difficili rapporti con i suoi due figli: l'inquietante e disturbata Charlie, e il giovane liceale Peter. Quando la famiglia subisce un terribile trauma, la situazione degenera portando alla luce la verità sulla maledizione che incombe sui Graham.
Fin dalla scena iniziale di Hereditary ci rendiamo conto della qualità e dell'ottima tecnica con cui è stato girato l'opera prima di Aster. Inizialmente assistiamo a quello che sembra essere un thriller psicologico. Non si sa se alcune situazioni siano frutto dell’immaginazione causata dall’instabilita psicologica di Annie oppure abbiano a che fare con delle vere e proprie presenze sovrannaturali. Il finale non lascia alcun dubbio anche se personalmente avrei preferito prendesse un altra direzione.
A livello di regia ci sono delle sequenze davvero ben riuscite. Una su tutte, il lungo primo piano di Peter in macchina dopo la tragedia della sorella che prosegue quando si trova sul letto e la famiglia apprende quanto accaduto. Ci sono poi delle scene in cui nel buio avvertiamo delle presenze e la tensione si fa davvero palpabile, per esempio quella in cui abbiamo un primissimo piano sempre di Peter (questa volta dall'alto verso il basso), e sull’angolo sinistro vediamo immobile (la sorella?) mentre nell’angolo opposto intravediamo nel buio il ghigno della madre. Davvero spaventoso.
Poi per carità, ci sono pure delle cose che non tornano e alcune che sembrate forzate, ma in linea di massima il film ti lascia un bel senso di angoscia e questo lo rende di conseguenza un buon horror.

Annihilation
di Alex Garland
Annihilation (Annientamento) del 2018 è il secondo film scritto e diretto da Alex Garland dopo l'ottimo Ex Machina.
Ispirato dall'omonimo romanzo scritto da Jeff VanderMeer, Annihilation è stato distribuito in Italia direttamente su Netflix.
La storia vede come protagonista Lana, una biologa ed ex-militare (interpretata da Natalie Portman) che si unisce a una spedizione scientifica composta da sole donne per scoprire cosa è successo al marito tornato in uno stato comatoso, nonché unico sopravvissuto, da una missione in una zona della Florida denominata Area X. La flora e la fauna di questa zona ha subito una radicale mutazione dopo essere stata colpita da un meteorite e ora questo micro mondo che imita la vita terrestre ma con delle regole tutte sue, si sta espandendo provocando le preoccupazioni del governo americano.
Annihilation è un ottimo film di fantascienza, ma è una fantascienza adulta, intellettuale, volendo potremmo definirla filosofica che presenta numerose allegorie e diverse interpretazioni. Alcune sequenze si avvicinano all'horror fantascientifico alla Alien riportandoci alla mente i disturbanti lavori di H.R. Giger. Il finale è volutamente ambiguo lasciandoti con più domande che risposte. D'altronde, se è assai diffficile che un film possa darci delle risposte sul mistero della vita, il solo porre questa domanda lo rende alquanto affascinante.
Film