
Il prigioniero di Amsterdam
di Alfred Hitchcock
Con Il prigioniero di Amsterdam (Foreign Correspondent), Alfred Hitchcock firma il suo secondo film hollywoodiano, un thriller di spionaggio che porta il suo marchio, ma senza il guizzo dei suoi lavori migliori. Siamo nel 1940, l'Europa è sull’orlo della guerra e Hollywood inizia a captare il vento del conflitto, producendo film che mescolano intrattenimento e propaganda. Hitchcock, che aveva già esplorato le dinamiche del complotto internazionale in Il club dei 39 e La signora scompare, riprende il canovaccio de "l'uomo comune catapultato in una cospirazione più grande di lui", una struttura narrativa che diventerà una delle sue firme distintive.
John Jones (Joel McCrea), giornalista americano pratico e disincantato, viene inviato in Europa come corrispondente estero per intervistare Van Meer (Albert Bassermann), un anziano diplomatico olandese in possesso di informazioni cruciali su un trattato segreto. Ma ad Amsterdam, all’uscita di un congresso pacifista, Van Meer viene apparentemente assassinato. Jones, con l’aiuto del collega Scott Ffolliot (George Sanders), scopre che l’uomo ucciso era un sosia e che il vero Van Meer è stato rapito da una rete di spie per estorcergli informazioni. Nel frattempo, Jones si innamora di Carol (Laraine Day), figlia del politico pacifista Stephen Fisher (Herbert Marshall), ignaro che proprio suo padre sia il burattinaio dietro le macchinazioni.
Nonostante alcuni momenti avvincenti – l’assassinio sotto la pioggia e la scena nei mulini a vento – Il prigioniero di Amsterdam non è tra i miei Hitchcock preferiti. Il film soffre di una durata eccessiva che ne appesantisce il ritmo e di diverse ingenuità narrative. Per esempio, nella scena del disastro aereo, i passeggeri si muovono in cabina come se fossero su un autobus, ignorando completamente le leggi della fisica. Anche il rapimento di Van Meer, con i cattivi che lo sequestrano perché conosce a memoria una clausola segreta di un trattato, appare un espediente narrativo parecchio forzato. A tutto questo aggiungiamo un protagonista che manca di carisma e una storia d’amore inverosimile – non si sono neanche sfiorati e già parlano di matrimonio – e il risultato è un film che, pur avendo momenti di tensione ben costruiti, fatica a coinvolgere davvero. Un thriller lontano dall'Hitchcock dei giorni migliori.
Film
La signora scompare
di Alfred Hitchcock
La signora scompare (The Lady Vanishes) è uno degli ultimi film di Alfred Hitchcock del periodo inglese. Una pellicola che mescola sapientemente giallo, spionaggio e commedia.
Basato sul romanzo "Il mistero della signora scomparsa" pubblicato nel 1936 da Ethel Lina White, il film si apre con un piano sequenza su un modellino in scala che riproduce un pittoresco paesino tra le montagne dell'Europa centrale. La cinepresa ci porta poi all'interno della sala d'attesa affollata di un albergo, dove si radunano i passeggeri di un treno diretto a Londra, costretti a una sosta forzata a causa del maltempo. In questo scenario, Hitchcock introduce una galleria di personaggi che spaziano dall’ereditiera inglese Iris Henderson (Margaret Lockwood), decisa a tornare a casa per il suo imminente matrimonio, al giovane e scanzonato clarinettista Gilbert Redman (Michael Redgrave), passando per una coppia di inglesi ossessionati dal cricket, un avvocato fedifrago in viaggio con l'amante, e un'anziana governante inglese in viaggio per l'Europa, Miss Froy. Il giorno dopo, quando il treno riprende finalmente la corsa, Iris stringe amicizia con Miss Froy. Tuttavia, dopo un improvviso malore, al suo risveglio scopre che l’anziana donna è misteriosamente scomparsa. Non solo, nessuno dei passeggeri sembra ricordare la presenza della signora a bordo. Determinata a scoprire la verità, Iris, supportata da Gilbert, si trova a dover sfidare l'incredulità generale e il crescente sospetto che qualcosa di più grande si nasconda dietro questa enigmatica sparizione.
Il film parte come una commedia per poi virare, nelle scene all'interno del treno, in un thriller carico di tensione e mistero. Il tutto però sempre dosato con una buona dose di humor e momenti di irresistibile leggerezza. L’unico cedimento è forse nella parte conclusiva, quando l’intrigo spionistico prende il sopravvento con una lunga sequenza d’azione che, pur avvincente, perde in eleganza rispetto alla costruzione serrata e meticolosa della prima parte.
Interessante la sottotrama dei due scapoli inglesi più interessati a conoscere il risultati del cricket che preoccuparsi dei venti di guerra che stavano soffiando sull’Europa. Una critica neanche troppo velata a una certa indifferenza tipicamente britannica verso le tensioni geopolitiche dell’epoca.

Il club dei 39
di Alfred Hitchcock
Il club dei 39 è uno dei film più noti del periodo inglese di Alfred Hitchcock, un classico thriller spionistico che unisce suspense, azione e ironia.
La storia vede protagonista Richard Hannay (Robert Donat), un uomo comune che si ritrova suo malgrado coinvolto in un intrigo di spionaggio internazionale. Dopo l'incontro con una misteriosa donna, Annabella, che viene assassinata nel suo appartamento, Hannay si ritrova a dover fuggire dalla polizia e dai veri colpevoli che lo vogliono eliminare. Durante la fuga Hannay incontra una donna (Madeleine Carroll), che inizialmente non crede alla sua storia e lo vede solo come un fuggitivo. Tra una serie di circostanze, malintesi e battibecchi, i due si ritrovano insieme a dover smascherare un'organizzazione spionistica segreta chiamata "Il club dei 39", in un crescendo di colpi di scena e inseguimenti.
In questo film possiamo già riconoscere una delle tematiche chiave del cinema di Hitchcock, quella dell’innocente in fuga coinvolto in un complotto spionistico, un elemento che il regista svilupperà e affinerà nei suoi futuri capolavori. Hitchcock dimostra già la sua abilità di saper dosare perfettamente la tensione con una buona dose di umorismo. La chimica tra Robert Donat e Madeleine Carroll è vivace e in qualche modo sensuale e i loro scambi frizzanti non solo introducono un tocco di leggerezza nel film, ma mettono anche in luce l'ironia distintiva del regista inglese.
Qualche ingenuità nella trama ma film abbastanza godibile.

L'uomo che sapeva troppo (1934)
di Alfred Hitchcock
Nel 1934 Alfred Hitchcock firma un contratto con la Gaumont British Picture Corporation, casa di produzione cinematografica inglese, con la quale realizza L'uomo che sapeva troppo, il primo di una serie di film di spionaggio. La storia verrà ripresa anni più tardi dallo stesso Hitchcock - quando il regista inglese si trovava da tempo negli Stati Uniti - in un remake dall'omonimo titolo.
La trama segue Bob e Jill Lawrence, una coppia britannica in vacanza con la loro figlia Betty a Sankt Moritz in Svizzera. Durante il soggiorno, assistono involontariamente all'omicidio di un agente segreto francese che, prima di morire, rivela a Jill che un gruppo di cospiratori stanno preparando un attentato contro un diplomatico a Londra. In breve tempo la coppia si vede rapire la loro figlia Betty dai terroristi per garantirsi il loro silenzio. Bob e Jill si ritrovano così costretti a risolvere il mistero e salvare la loro figlia, affrontando i pericoli che li attendono in una Londra notturna e minacciosa.
Sarà che non sono mai stato un amante dei film di spionaggio ma a me questo film non mi ha convinto. A metà tra commedia e giallo, il film ha una sceneggiatura poco avvincente che in alcune parti appare datata, e una recitazione a tratti teatrale e poco emozionale. La sparatoia finale poi è decisamente troppo lunga e alla lunga annoia. Mi rendo conto che stiamo parlando sempre di un film della metà degli anni trenta ma alcuni film muti di Hitchcock sono invecchiati decisamente meglio. Di questo film salvo l'intepretazione di Peter Lorre, nel ruolo dell'enigmatico antagonista, e la scena nell'Albert Hall in cui il maestro della Suspense utilizza sapientemente il silenzio e la musica per creare una tensione straordinaria dimostrando una maestria che anticipa i suoi futuri capolavori.
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