
The Call of Cthulhu
di Andrew Leman
Fino a ieri ignoravo l'esistenza di questo film. Poi ho visto che se ne parlava su uno dei gruppi social dedicati al cinema che frequento e sono riuscito a recuperarlo su Mubi al seguente link.
Sto parlando di The Call of Cthulhu, la trasposizione cinematografica dell'omonimo racconto di H.P. Lovecraft scritto nel 1926. A firmarla è Andrew Leman, uno dei fondatori della H. P. Lovecraft Historical Society, associazione di appassionati che da più di vent’anni si diletta a relaborare in modo creativo le opere letterarie del solitario di Provvidence.
The Call of Cthulhu è un film indipendente del 2005 dalla durata di 47 minuti che, oltre a rispettare la storia e l'atmosfera del racconto originale, ha la pecularietà di essere stato realizzato come se si trattasse di un mediometraggio degli anni venti, quindi in bianco e nero, muto e con le didascalie tipiche dei film di quel periodo.
La storia è abbastanza nota è vede un uomo entrare in possesso di una serie di documenti lasciati dal defunto zio, professore di lingue antiche. Man mano che ne ricompone il contenuto, attraverso appunti, ritagli e testimonianze sparse, emerge un filo invisibile che collega culti oscuri, visioni disturbanti, e misteriose sparizioni legate al nome di Cthulhu.
The Call of Cthulhu è una piccola perla per appassionati, un atto d’amore verso Lovecraft e il cinema delle origini. Nonostante il budget ridotto, Leman, Sean Branney (lo sceneggiatore) e il resto del gruppo riescono a evocare un’atmosfera autenticamente lovecraftiana, sfruttando ogni limite come leva creativa. Ogni dettaglio – i titoli di testa, la musica sinfonica in sottofondo, i giochi d’ombra, le scenografie sbilenche tipiche dell'espressionismo tedesco, persino la stop-motion che dà vita a Cthulhu – contribuiscono alla costruzione di un film che sembra arrivare da un’altra epoca, per riproporre con estrema fedeltà l'immaginario disturbante di Lovecraft.
Imperdibile per tutti gli appassionati dei miti di Cthulhu.
Film
Drive-In - La trilogia
Joe R. Lansdale
"Drive-In: La trilogia" di Joe R. Lansdale non è solo una lettura, è un'esperienza, un giro sulle montagne russe della narrativa horror-trash, un viaggio delirante in un mondo dove l'assurdo è all'ordine del giorno e il demenziale regna sovrano. Essendo il mio primo libro di questo autore texano - che da quello che vedo ha scritto oltre cinquanta romanzi che spaziano dalla fantascienza al western e dal noir alla narrativa contemporanea - non sapevo bene cosa aspettarmi. Ora che sono riemerso da questa folle corsa capace di farmi inorridire e ridere allo stesso tempo, posso dire con certezza che Lansdale è un vero maestro della letteratura pulp. Una sorta di Tarantino della narrativa ma decisamente più spinto, trasgressivo e visionario.
Il volume che ho letto, pubblicato da Einaudi, raccoglie i tre libri che fanno parte della trilogia del drive-In - Il drive-in (The Drive-In: A “B” Movie with Blood and Popcorn, Made in Texas, 1988), Il giorno dei dinosauri (The Drive-In 2: Not Just One of Them Sequels, 1989), La notte del drive-in 3. La gita per turisti (The Drive-In: The Bus Tour, 2005).
I primi due sono stati pubblicati negli Stati Uniti alla fine degli anni ottanta mentre il terzo è uscito quindici anni più tardi. In tutto siamo sulle cinquecento pagine o poco più.
La storia inizia con un gruppo di amici che decidono di passare una serata all'Orbit, il più grande drive-in del Texas, per guardare una maratona di film horror. In rassegna ci sono alcuni classici come "La Casa", "La notte dei morti viventi", "Non aprite quella porta", "Lo squartatore di Los Angeles", e "La tentazione impura" (quest'ultimo meno conosciuto in Italia). Quella che sembra una normale serata si trasforma rapidamente in un incubo quando una forza misteriosa intrappola tutti gli spettatori all'interno del drive-in, isolandoli dal resto del mondo. Chi tenta di uscire dal muro di oscurità che avvolge l'Orbit si scioglie all'istante. Costretti a cibarsi solo di popcorn e coca-cola, la "comunità" cerca di organizzarsi ma con il passare dei giorni, settimane e mesi, la situazione degenera e quando il cibo finisce le persone si ritrovano a dover lottare per la sopravvivenza, tra violenze, stupri, cannibalismo, crocifissioni e... il Re del Popcorn. Questa in sintesi è la sinossi del primo dei tre libri.
Nel secondo libro, i sopravissuti, tra cui Jack che è il narratore, si aggirano in un paesaggio fuori dal mondo e dal tempo, popolato da dinosauri e oscure creature. Accampati nei pressi di un lago, i nostri protagonisti incontrano la bella Grace, un altra sopravissuta del drive-in, e insieme a lei, si avventurano in un mondo visionario e allucinante affrontando la minaccia di Popalong Cassidy, un uomo con una televisione al posto della testa.
Infine, in "Il drive-in 3: La gita per i turisti", il libro che chiude la trilogia, i nostri eroi, si mettono alla guida di un autobus dotato di galleggianti che viene inghiottito da un pesce gigante al cui interno vive una piccola comunità di cannibali e ombre malvagie. Il bus viene "espulso" dal buco del culo del pesce e Jack e compagni, dopo aver fatto provvista di frutti "al sapore di piscio", si arrampicano su una gigantesca scala che punta al cielo cercando di scoprire l'arteficie di questo assurdo mondo che sta cadendo a pezzi.
Senza ombra di dubbio, il primo dei tre romanzi è quello riuscito meglio. Assolutamente spiazzante, un horror fuori dagli schemi con personaggi sopra le righe, dove il trash è elevato ad arte e l'assurdo diventa norma. Nel complesso è una lettura di intrattenimento, nel senso buono del termine, uno splatter dotato di umorismo nero che sconfina nel grottesco, in cui gli istinti primordiali della natura umana escono allo scoperto in tutta la sua delirante esplosività. Il Re del Popcorn, mostruosa creatura generata dalla fusione di due persone che vomita popcorn dotati di bulbi oculari, rappresenta l'ossessivo consumismo americano, mentre il villain del secondo libro, Popalong Cassidy, l'uomo vestito da pistolero con un televisore al posto della testa che trasmette ogni tipo di programma televisivo, probabilmente rappresenta la dipendenza televisiva che manda in pappa il cervello.
Nel terzo libro, un allucinogeno omaggio al Pinocchio di Collodi, la narrazione si sposta leggermente e, sopratutto nella parte finale, prende una piega più fantascientifica virando su una spiegazione più sovrannaturale ma non meno trascinante.
Lansdale è sicuramente dotato di una forte creatività e con la sua scrittura scorrevole e vivace è riuscito a tenermi incollato alle pagine fino alla fine lasciandomi la sensazione di aver vissuto un folle e divertente incubo.
Sicuramente leggerò qualcos'altro di suo. Si tratta solo di orientarmi nella sua sterminata bibliografia.

Another Day on Earth
Brian Eno
Riordinando tra i dischi della mia collezione digitale mi è capitato tra le "mani" un vecchio disco di Brian Eno del 2005.
A parte gli esordi con i Roxy Music e quel capolavoro che è "Before And After Science", ho sempre associato la figura di Brian Eno alla musica ambient.
Another Day on Earth in realtà non è tanto distante a essere un disco ambient ma ha la particolarità di essere cantato e questo lo rende più caldo e intimo. Un disco pop venato di malinconia a metà tra l'easy listening e la musica elettronica cinematica che secondo me nasconde delle piccole perle.
Tralasciando This, il brano di apertura più immediato, segnalo l'evocativa How Many Worlds, la sognante And The So Clear e sopratutto la suggestiva Just Another Day.
Un disco che contribuisce a ristabilire un senso di pace interiore e aiuta a riconciliarti con te stesso. Peccato solo per il largo uso del vocoder.