
Sinister
di Scott Derrickson
Sinister non lo avevo ancora visto. Ne avevo sempre sentito parlare bene e, da amante dei film horror, lo avevo in lista da tempo. Alla regia c’è Scott Derrickson, giovane regista americano conosciuto per L'Esorcismo di Emily Rose ma anche per aver diretto il marvelmovie Doctor Strange, e il più recente Black Phone. Pare che l’idea per Sinister sia venuta allo sceneggiatore Christopher Robert Cargill dopo aver visto il The Ring americano. Ma la cosa più curiosa è un’altra: secondo un esperimento chiamato "Science of Scare" – in cui un gruppo di volontari ha guardato film horror con il cardiofrequenzimetro al polso – Sinister risulterebbe il film più spaventoso di tutti i tempi. Almeno secondo la scienza.
Protagonista del film è Ellison Oswalt (Ethan Hawke), scrittore di true crime in crisi creativa. Alla ricerca di ispirazione, si trasferisce con la famiglia nella casa dove è avvenuto un brutale omicidio, sperando di ricavarne materiale per il suo prossimo libro. In soffitta trova una scatola con vecchie pellicole Super 8 apparentemente innocue. Ma una volta proiettate, rivelano una serie di efferati omicidi familiari, ciascuno accompagnato da un sottofondo disturbante e da una presenza enigmatica. Indagando, Ellison scopre un antico culto legato alla figura del Bughuul, un’entità demoniaca che si nutre dell’anima dei bambini.
Sinister è un horror decisamente riuscito. Non ha nulla di particolarmente originale, sia chiaro, ma il risultato funziona. L’idea di base è quella del ritrovamento di vecchie pellicole in super 8, degli snuff movies che documentano con glaciale freddezza una serie di omicidi familiari avvenuti in epoche e luoghi diversi. In comune hanno tutti due elementi: il figlio più piccolo sparisce sempre, e in un angolo dell’inquadratura – sfocato, riflesso, seminascosto – si intravede un volto inquietante. Il nostro protagonista, convinto di aver trovato del materiale valido per scrivere il suo nuovo bestseller, comincia a guardare i filmini compulsivamente, entrando in una spirale paranoica. Più analizza, più le immagini lo ossessionano. Finché le cose iniziano a prendere una piega pericolosamente reale: quei filmini non sono solo testimonianze di omicidi, ma veri e propri strumenti per evocare Bughuul.
A un certo punto ho messo in pausa il film per prendere un gelato dal frigo (Antò, fa caldo), e neanche a farlo apposta l'ho fermato nel frame in cui appare la faccia del demone. Esperienza metafilmica al limite dell’inquietante. Detto ciò, Bughuul non è proprio il mostro più spaventoso che si sia mai visto. Ha un’estetica un po’ death metal – sembra il frontman di una band norvegese – e non ha il carisma visivo dei grandi boogeyman dell’horror. Però l’idea che possa esistere solo se “visto”, se la sua immagine viene trovata e guardata, è interessante e aggiunge un bel livello di paranoia.
Originale o no, il film è ben costruito e Derrickson sa esattamente cosa fare. L’atmosfera è cupa, disturbante, avvolgente. Niente jump scare a raffica, qui la tensione arriva nei modi più sottili – un’inquadratura troppo silenziosa, un’ombra che si muove appena, il suono della pellicola che gira da sola nel buio.
La storia regge, il finale funziona (e non è scontato), ed Ethan Hawke regge bene il ruolo. Peccato per il resto del cast: la moglie sembra una comparsa in vacanza, i figli sono ritagliati con lo stampino, e il vicesceriffo è lì solo per fare da spalla. Anche i bambini fantasma, forse per via del trucco un po' posticcio, non fanno tutto questa gran paura.
Ma dove Sinister colpisce davvero è nel suono. Il montaggio sonoro è fondamentale per costruire la tensione, e la colonna sonora di Christopher Young è una delle più interessanti sentite negli ultimi anni. Tra rumori industriali e inserti ambient, ci sono brani degli Ulver, Aghast e persino dei Boards of Canada che aumentano il senso di isolamento e claustrofobia come un macigno sulla schiena.

Drive-In - La trilogia
Joe R. Lansdale
"Drive-In: La trilogia" di Joe R. Lansdale non è solo una lettura, è un'esperienza, un giro sulle montagne russe della narrativa horror-trash, un viaggio delirante in un mondo dove l'assurdo è all'ordine del giorno e il demenziale regna sovrano. Essendo il mio primo libro di questo autore texano - che da quello che vedo ha scritto oltre cinquanta romanzi che spaziano dalla fantascienza al western e dal noir alla narrativa contemporanea - non sapevo bene cosa aspettarmi. Ora che sono riemerso da questa folle corsa capace di farmi inorridire e ridere allo stesso tempo, posso dire con certezza che Lansdale è un vero maestro della letteratura pulp. Una sorta di Tarantino della narrativa ma decisamente più spinto, trasgressivo e visionario.
Il volume che ho letto, pubblicato da Einaudi, raccoglie i tre libri che fanno parte della trilogia del drive-In - Il drive-in (The Drive-In: A “B” Movie with Blood and Popcorn, Made in Texas, 1988), Il giorno dei dinosauri (The Drive-In 2: Not Just One of Them Sequels, 1989), La notte del drive-in 3. La gita per turisti (The Drive-In: The Bus Tour, 2005).
I primi due sono stati pubblicati negli Stati Uniti alla fine degli anni ottanta mentre il terzo è uscito quindici anni più tardi. In tutto siamo sulle cinquecento pagine o poco più.
La storia inizia con un gruppo di amici che decidono di passare una serata all'Orbit, il più grande drive-in del Texas, per guardare una maratona di film horror. In rassegna ci sono alcuni classici come "La Casa", "La notte dei morti viventi", "Non aprite quella porta", "Lo squartatore di Los Angeles", e "La tentazione impura" (quest'ultimo meno conosciuto in Italia). Quella che sembra una normale serata si trasforma rapidamente in un incubo quando una forza misteriosa intrappola tutti gli spettatori all'interno del drive-in, isolandoli dal resto del mondo. Chi tenta di uscire dal muro di oscurità che avvolge l'Orbit si scioglie all'istante. Costretti a cibarsi solo di popcorn e coca-cola, la "comunità" cerca di organizzarsi ma con il passare dei giorni, settimane e mesi, la situazione degenera e quando il cibo finisce le persone si ritrovano a dover lottare per la sopravvivenza, tra violenze, stupri, cannibalismo, crocifissioni e... il Re del Popcorn. Questa in sintesi è la sinossi del primo dei tre libri.
Nel secondo libro, i sopravissuti, tra cui Jack che è il narratore, si aggirano in un paesaggio fuori dal mondo e dal tempo, popolato da dinosauri e oscure creature. Accampati nei pressi di un lago, i nostri protagonisti incontrano la bella Grace, un altra sopravissuta del drive-in, e insieme a lei, si avventurano in un mondo visionario e allucinante affrontando la minaccia di Popalong Cassidy, un uomo con una televisione al posto della testa.
Infine, in "Il drive-in 3: La gita per i turisti", il libro che chiude la trilogia, i nostri eroi, si mettono alla guida di un autobus dotato di galleggianti che viene inghiottito da un pesce gigante al cui interno vive una piccola comunità di cannibali e ombre malvagie. Il bus viene "espulso" dal buco del culo del pesce e Jack e compagni, dopo aver fatto provvista di frutti "al sapore di piscio", si arrampicano su una gigantesca scala che punta al cielo cercando di scoprire l'arteficie di questo assurdo mondo che sta cadendo a pezzi.
Senza ombra di dubbio, il primo dei tre romanzi è quello riuscito meglio. Assolutamente spiazzante, un horror fuori dagli schemi con personaggi sopra le righe, dove il trash è elevato ad arte e l'assurdo diventa norma. Nel complesso è una lettura di intrattenimento, nel senso buono del termine, uno splatter dotato di umorismo nero che sconfina nel grottesco, in cui gli istinti primordiali della natura umana escono allo scoperto in tutta la sua delirante esplosività. Il Re del Popcorn, mostruosa creatura generata dalla fusione di due persone che vomita popcorn dotati di bulbi oculari, rappresenta l'ossessivo consumismo americano, mentre il villain del secondo libro, Popalong Cassidy, l'uomo vestito da pistolero con un televisore al posto della testa che trasmette ogni tipo di programma televisivo, probabilmente rappresenta la dipendenza televisiva che manda in pappa il cervello.
Nel terzo libro, un allucinogeno omaggio al Pinocchio di Collodi, la narrazione si sposta leggermente e, sopratutto nella parte finale, prende una piega più fantascientifica virando su una spiegazione più sovrannaturale ma non meno trascinante.
Lansdale è sicuramente dotato di una forte creatività e con la sua scrittura scorrevole e vivace è riuscito a tenermi incollato alle pagine fino alla fine lasciandomi la sensazione di aver vissuto un folle e divertente incubo.
Sicuramente leggerò qualcos'altro di suo. Si tratta solo di orientarmi nella sua sterminata bibliografia.