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mercoledì, 8 ottobre 2025
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Genesis

Selling England By The Pound

Selling England By The Pound dei Genesis è uno dei dischi che più ha contribuito alla mia formazione musicale, un disco che ha caratterizzato un particolare momento della mia vita, quello della preadolescenza, fatto di scoperte e improvvise evoluzioni. Erano i tempi che l'ascolto di un disco era un rituale. Si posava con cura la puntina sul vinile, il fruscio iniziale riempiva la stanza e poi, lentamente, arrivava la musica e ci si lasciava catturare dalle note, dalle melodie, e dalle emozioni che ne scaturivano.
La musica dei Genesis — quelli di Peter Gabriel, Tony Banks, Steve Hackett, Mike Rutherford e Phil Collins — aveva per me qualcosa di magico. Era un linguaggio che andava oltre le parole, capace di farmi evadere dalla realtà e trasportarmi altrove. Non conoscevo ancora bene l’inglese e i testi mi erano in gran parte misteriosi, ma non importava. Io in quelle cavalcate incalzanti e sofisticate melodie mi immaginavo gnomi, folletti, cavalieri erranti e città perdute. Era come essere catapultato nel Paese delle Meraviglie, nella Terra di Mezzo o in qualche sogno sospeso tra fiaba e visione.
Si chiamava comunemente rock progressive, un genere in cui le canzoni lasciavano il posto a vere e proprie composizioni, strutturate come sinfonie moderne. Brani lunghi, divisi in sezioni, con cambi di tempo improvvisi e improvvisazioni soliste che sembravano raccontare storie senza bisogno di parole. Era la musica degli anni settanta, ricca di colore, fantasia e libertà creativa — un’epoca che non ho vissuto direttamente, perché ero appena nato, ma che ho riscoperto più tardi, nei primi anni ottanta. E quella scoperta mi ha aperto le porte della musica "più adulta", insegnandomi ad ascoltare davvero, a cercare dentro i suoni qualcosa che andasse oltre il semplice intrattenimento.

Selling England By The Pound si apre con Dancing with the Moonlit Knight, una ballata epica che mescola folk e rock, seguita da I Know What I Like, la prima canzone dei Genesis a entrare nelle classifiche, più breve e immediata, ma non per questo meno visionaria. Con Firth of Fifth si raggiunge l’apice del disco, con l'introduzione di pianoforte di Tony Banks e l’assolo di chitarra di Steve Hackett che restano tra i momenti più alti del progressive di sempre. The Battle of Epping Forest è un affresco urbano vivace e teatrale, After the Ordeal una parentesi strumentale di grande delicatezza, quasi una pausa meditativa dopo la tempesta. E poi The Cinema Show, che fonde mito e quotidiano in un crescendo che culmina in una sezione finale da brividi, e infine Aisle of Plenty, breve epilogo che riprende i temi iniziali e chiude l’album come in una sinfonia, lasciando una sensazione di dolce malinconia.

Sotto la superficie fantastica, popolata di personaggi bizzarri e atmosfere fiabesche, il disco racconta il cambiamento, la memoria e uno smarrimento collettivo. Selling England by the Pound è un ritratto critico e malinconico dell’Inghilterra di quegli anni. Il titolo — che potremmo tradurre come “Vendesi l’Inghilterra un tanto all’etto” — allude alla svendita dell’identità culturale britannica, travolta dal consumismo e dall’omologazione sociale. Peter Gabriel e compagni descrivono un paese sospeso tra passato e modernità, tra sogno e disillusione, un’Inghilterra che lentamente perde le proprie radici e la propria innocenza.

Per me rimane un capolavoro senza tempo, che avrò ascoltato innumerevoli volte e che a ogni nuovo ascolto ha la capacità di riportarmi indietro a quando ero poco più di un bambino. È come aprire un vecchio album di ricordi pieno di emozioni, sogni e immagini. Ancora oggi, quando parte quella puntina immaginaria e Peter Gabriel, ancora prima dell’arrivo delle prime note, inizia a intonare “Can you tell me where my country lies?”, mi ritrovo immediatamente catapultato in mondi fantastici e sospesi dal tempo. Un disco leggendario. Uno dei dieci dischi fondamentali della mia vita.

Musica
Progressive-rock
UK
1973
Retrospettiva
venerdì, 19 aprile 2024
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The Pilgrim, Their God and The King Of My Decrepit Mountain

Tapir!

Album di esordio di questo gruppo inglese chiamato Tapir! (come l'animale con il naso a proboscide). Provengono da Londra e sono in sei, sempre ritratti, sia nei video che nelle fotografie, con delle maschere rosse che fa molto folk horror. Il disco raccoglie tre ep presentati come tre atti e racconta la storia di una creatura immaginaria - The Pilgrim, precisamente - che si avventura in un mondo fantastico, viaggiando tra mari tempestosi e montagne popolate da strani animali e divinità. Una fiaba moderna che potrebbe collocare il disco in territori progressive se non fosse che musicalmente i dodici pezzi che compongono l'album non sono caratterizzati da particolari eclettismi e cavalcate ritmiche, tutt'altro. Sono brani folk, pacati, sognanti e bucolici che potrebbero ricordare un Nick Drake ma con inserti elettronici alla Radiohead e degli accenti postrock alla Godspeed you black emperor sopratutto nel pezzo che chiude l'album.

Brani preferiti On A Grassy Knoll (We'll Bow Together), Broken Ark e Untitled.

Musica
Indie-folk
Progressive-rock
2024
martedì, 7 novembre 2023
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The Harmony Codex

Steven Wilson

Da ragazzino mi sono avvicinato alla musica con il rock progressive. Ascoltavo i soliti "mostri sacri" che non vi sto a elencare. Negli anni novanta, in pieno grunge, apprezzavo molto i Porcupine Tree, che ho visto un paio di volte in concerto. Mente del gruppo era Steven Wilson, poliedrico musicista inglese, che da qualche anno ha intrapreso una sua prolifica carriera da solista. "The Harmony Codex" è il suo ultimo disco, un progressive aggiornato con elettronica minimale che per coloro che non amano il genere potrebbe sembrare molto manieristico. L'album non è male. Tolti alcuni brani che sembrano la brutta copia dei Genesis di Phil Collins (quindi la brutta copia della brutta copia), ci sono alcuni pezzi interessanti, tipo Actual Brutal Facts che sembra un incrocio tra i Massive Attack e i NIN, la lunga Impossible Tightrope che è una cavalcata prog alla vecchia maniera e sopratutto la pinkfloydiana The Harmony Codex, la traccia che da il titolo all'intero album, un lungo pezzo ipnotico e suggestivo, quasi una sorta di viaggio lisergico edulcorato con tanto di voce femmile narrante alla Blade Runner. 

Musica
Progressive-rock
2023

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