
Alien
di Ridley Scott
Ero poco più di un bambino quando mi portarono a vedere Alien al cinema. A metà film, durante l'iconica scena del torace squartato dall'alieno, mi dovettero portare fuori dalla sala terrorizzato e in lacrime. A ripensarci mi pare assurdo che all'epoca un film del genere non sia stato vietato ai minori in Italia.
Alien di Ridley Scott è il film che ha ridefinito i generi della fantascienza e dell'horror, potremmo definirlo il primo fanta-horror moderno, una vera e propria pietra miliare nonché un modello per le produzioni cinematografiche successive.
Partiamo dall'inizio.
La genesi del film risale alla metà degli anni settanta quando lo scrittore Dan O’Bannon, da sempre appassionato di fantascienza e horror, dopo aver lavorato nel film "Dark Star" di John Carpenter venne contattato da Alejandro Jodorowsky per la realizzazione di "Dune". Il progetto fallì miseramente ma da questa esperienza O'Bannon ebbe modo di conoscere numerosi artisti tra cui Moebius, Chris Foss e sopratutto HR Giger e le sue inquietanti opere. Tornato a casa, O'Bannon si rimise al lavoro e, prendendo spunto da racconti di fantascienza e vecchi film degli anni sessanta, insieme all'amico Ronald Shusett scrisse la prima sceneggiatura di Alien. Inizialmente lo script venne rifiutato da tutte le principali case di produzione cinematografiche, ma poi finì nelle mani del regista Walter Hill che, apportando alcune modifiche e aggiungendo il personaggio dell'androide Ash, lo propose ai vertici della 20th Century Fox che era in cerca di una altra storia ambientata nello spazio dopo il successo di "Guerre Stellari". Quelli della Fox avrebbero voluto lo stesso Hill alla regia ma il regista, già impegnato su "I Guerrieri della Notte", preferì dedicarsi solo alla produzione. La regia ricadde sul giovane Ridley Scott, reduce da "I duellanti", il quale abbracciò il progetto con entusiasmo disegnando un dettagliato storyboard che fece lievitare non di poco il budget previsto per il film. H.R Giger venne ingaggiato per le scenografie del film e la realizzazione dello xenomorfo mentre Carlo Rambaldi si occupò degli effetti speciali. Non volendo un cast affermato, dopo una serie di provini, il ruolo di Ripley, ovvero la protagonista, venne affidato a Sigourney Weaver. Le riprese durarono tre mesi e furono tese ed estenuanti. In un set che riproduceva con estremo realismo i claustrofobici corridoi dell'astronave, gli attori vennero sottoposti a una costante pressione per ricreare disagio e tensione. Si narra che nella scena in cui spunta fuori lo xenomorfo gli attori non sapessero bene cosa stava per accadere in modo da rendere più autentico il loro sgomento.
Il film uscì negli Stati Uniti nel maggio del 1979 e a fronte degli 11 milioni spesi ne incassò 185 di milioni nel mondo creando un vero e proprio franchise, fra sequel, prequel e spin-off.
La storia di base è abbastanza semplice e prende spunto da diversi romanzi di fantascienza e film del passato (tra questi il "Mostro dell'astronave" del 1958 ma anche il nostro "Terrore nello spazio" di Mario Bava).
Nel 2122 l'equipaggio di una nave spaziale da trasporto, la Nostromo, viene risvegliato dall'ibernazione durante il viaggio di ritorno verso la terra per indagare riguardo un misterioso messaggio proveniente da un vicino pianeta. Alcuni membri dell'equipaggio scendono sul pianeta scoprendo una enorme astronave aliena abbandonata e all'interno un gran numero di strane uova. Uno dei componenti dell'equipaggio, Kane (interpretato da John Hurt), viene attaccato da una creatura che gli si attacca al suo volto. Rientrati sulla Nostromo, la creatura si stacca da Kane da solo e viene ritrovato privo di vita. Tutto sembra tornato alla normalità quando, durante un pasto, un mostruoso alieno (lo "xenomorfo") fuoriesce violentemente dal torace di Kane, uccidendolo, per poi fuggire via all'interno dell'astronave. La creatura aliena cresce rapidamente, diventando una macchina assassina che caccia l'equipaggio uno a uno. Alla fine sarà la protagonista, Ellen Ripley (Sigourney Weaver), rimasta da sola insieme al gatto Jones, a dover affrontare da sola il mostruoso alieno in un crescendo di tensione e terrore.
Siamo di fronte a uno dei capolavori della fantascienza, un film dotato di una tensione claustrofobica che a distanza di anni non perde il suo impatto viscerale. Alien è uno slasher ambientato in un astronave nello spazio che riprende, non si sa se volutamente oppure in modo inconsapevole, le dinamiche di "Halloween" di John Carpenter uscito un anno prima. La Nostromo è un astronave sporca, buia, a tratti respingente, che anticipa quell'atmosfera cyperpunk degli anni ottanta e che Ridley Scott avrà modo di sviluppare meglio in "Blade Runner", il capolavoro indiscusso della fantascienza.
Un altra pecularietà di "Alien" è quella di presentare un'eroina femminile, sostituendo il tradizionale eroe maschile con una figura forte e indipendente, che sfida e sovverte gli stereotipi di genere del cinema dell'epoca. Questo ribaltameno di ruoli, in cui i personaggi maschili sono messi in una posizione di vulnerabilità mentre la figura della donna, quantomeno della protagonista, emerge come una figura forte e risoluta capace di combattere l'alieno e sopravvivere, appare ancora più evidente nella fatidica scena dello stupro orale di "facehugger" con tanto di inseminazione e gravidanza forzata che da lì a poco porterà al violento parto mortale. La potenza di questa scena non sta tanto nella violenza ma per il fatto che l'alieno utilizza il corpo di un uomo come incubatrice, un processo che è profondamente disturbante e che richiama sia le paure ancestrali della perdita del controllo sul proprio corpo, quanto la paura di perdere quel dominio patriarcale in una società che, da tradizioni cinematografiche, vorrebbe l’eroe maschile avere sempre il comando e il controllo della situazione.
Il film di Ridley Scott è ricco di elementi sessuali che si intrecciano con la sua trama e la sua atmosfera inquietante. Il design dello xenomorfo, creato da H.R. Giger, con la sua testa allungata e la bocca interna che emerge da quella principale, evoca immagini falliche e richiama al contempo la figura di una vagina dentata. Questo simbolismo è ulteriormente amplificato dall'ambientazione: il pianeta e l'astronave, con i loro corridoi sempre più stretti, richiamano un utero opprimente e soffocante, che accentua il senso di intrappolamento.
Una scena particolarmente significativa è quella in cui Ash, l'androide, tenta di uccidere Ripley infilando con forza una rivista pornografica arrotolata nella sua bocca. Questo atto, più che un semplice tentativo di omicidio, assume la connotazione di uno stupro orale, un atto di dominazione sessuale che cerca di ricondurre la donna al suo ruolo tradizionale di genere. Ironico e disturbante è il fatto che questo atto sia perpetrato da un androide asessuato, che vede nello xenomorfo la creatura perfetta, un simbolo della purezza "non offuscato da coscienza, rimorsi, o illusioni di moralità". Infine c'è lei, Ellen Ripley, la più grande eroina cinematografica di sempre, che nella scena finale, indossando solo delle mutandine e una canottiera, affronta l'alieno in uno scontro che unisce tensione ed erotismo. Una immagine entrata nel nostro immaginario che non solo conclude la narrazione con una nota di potenza e resistenza, ma sottolinea anche come "Alien" abbia saputo sfidare le convenzioni del genere, lasciando un'impronta duratura nel cinema e nella cultura popolare.