
Sei donne per l'assassino
di Mario Bava
Dopo lo scandaloso La frusta e il corpo, nel 1964 Mario Bava dirige il thriller Sei Donne per l'Assassino.
E' un film seminale che anticipa il cosidetto filone del giallo all'italiana - Dario Argento ne è debitore per i film che realizzerà nel decennio successivo - e che presenta per la prima volta l'immaginario di un serial killer in impermeabile scuro, guanti in pelle, e una maschera in spandex che cela il volto. Inoltre gli omicidi sono efferrati e, anche se il sangue è dosato, estremamente violenti.
La storia è ambientata in un atelier dove una modella viene strangolata da un misterioso assassino dal volto coperto e ritrovata poco dopo in un armadio dalla direttrice. Durante una sfilata, un altra modella ritrova per caso il diario dell'amica defunta che pare contenga rivelazioni compromettenti. Quando il diario viene rubato ha inizio una catena di omicidi, in cui altre modelle vengono uccise dallo stesso assassino.
Sebbene sia un giallo a tutti gli effetti con la polizia che indaga per scoprire chi sia l'assassino, la trama diventa quasi marginale, un pretesto per raccontare la decadenza dell'alta borghesia romana e permettere a Bava di mostrare le diverse tecniche con cui l'assassino uccide, in modo crudele, sadico e con un neanche troppo celato erotismo, le belle donne che qui vengono rappresentate come dei manichini di carne. Oggi, sessant'anni dopo, in un Italia in cui il fenomeno del femminicidio è molto presente, un film del genere non potrebbe mai uscire. All'epoca, a causa delle scene particolarmente violenti, ricevette il divieto ai minori di 18 anni.
Stilisticamente il film ha un montaggio, una composizione e una regia ineccepibile. La scenografia pop surrealista e sopratutto l'uso dei colori volutamente innaturali conferiscono alla pelliccola un atmosfera onirica e al tempo stesso inquietante. Già dai titoli di testa pare di vedere un fumetto pulp in movimento. E parlando di fumetti non posso evitare di accostare Sei donne per l'assassino al fumetto nero, genere che proprio nei primi anni sessanta in Italia aveva preso piede. Stiamo parlando di Diabolik (di cui Bava avrebbe fatto un adattamento un paio di anni più tardi) ma anche e sopratutto del Kriminal di Max Bunker (il cui primo numero uscì proprio nello stesso anno in cui uscì il film) con il quale l'assassino di Bava ha numerosi punti in comune.
Che altro dire, un film che pur non brillando per la sceneggiatura anticipa moda e genere cinematografico annoverandosi tra i cult movie di genere.
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