
Diabolik
di Mario Bava
Nel 1968 il produttore Dino De Laurentis affidò a Maria Bava il compito di dirigere un film su Diabolik, il personaggio dei fumetti creato dalle sorelle Angela e Luciana Giussani cinque anni prima. Nonostante il considerevole budget rispetto a quello avuto a disposizione per gli altri suoi film, Bava, almeno inizialmente, non era particolarmente entusiasta di occuparsi di questo personaggio, ma alla fine, tra diverse difficoltà riuscì a realizzare una pellicola con un suo stile senza aver nemmeno speso tutti i soldi che De Laurentis gli aveva messo a disposizione.
La storia vede come protagonista Diabolik (John Phillip Law), genio criminale mascherato dotato di grande astuzia e abilità che insieme alla sua complice e amante Eva Kent (Marisa Mell), riesce a compiere degli audaci furti mettendo in ridicolo l'ispettore Ginko (Michel Piccoli) che cerca invano di catturarlo. In aiuto alle forze dell’ordine, Ginko fa un patto con il criminale Valmont (Adolfo Celi) che gli promette di consegnargli Diabolik in cambio di chiudere un occhio sui suoi traffici.
All'epoca il film non riscosse un grande successo di pubblico, anzi fu un vero e proprio flop, e la critica, sopratutto quella italiana, fu abbastanza dura (Tullio Kezich lo definì "uno dei film più stupidi degli anni Sessanta"). Costretto da De Laurentis ad abbandonare lo stile noir e sanguinoso del fumetto (lo era sopratutto nei primi albi di Diabolik), Bava, prende spunto dal Batman televisivo degli anni sessanta e come riferimento il movimento artistico della Pop Art di Andy Warhol e Roy Lichtenstein, che proprio in quel periodo si stava affermando a livello mondiale, realizzando un film volutamente kitch dove Diabolik è un criminale alla 007 che ama il lusso sfrenato e le belle donne immerso in un mondo ricco di colori sgargianti e scenografie psichedeliche. A fronte di una sceneggiatura mediocre e ripetitiva e una caratterizzazione nulla dei personaggi, Bava dimostra una maestria straordinaria nell'uso degli effetti speciali e nella gestione delle scenografie. Un esempio su tutti è il rifugio sotterraneo di Diabolik che nella sua apparente grandezza è stato realizzato con un uso di specchi e un gioco di prospettive.
Menzione particolare alla colonna sonora di Ennio Morricone che si integra alla perfezione con l'atmosfera visiva creata da Bava.
Non si tratta del sua pellicola più riuscita, ma le atmosfere pop-psichedeliche e la sua estetica negli anni lo hanno reso un film di culto tra gli appassionati del genere.