
Vampyros Lesbos
di Jesús Franco
Vampyros Lesbos è un film erotico a tema vampiresco, uno di quei film conosciuti solo dai cinefili più incalliti e da chi si nutre di cinema di genere. Io non l’avevo mai visto, anche perché in Italia non è mai uscito, ma oggi, con un po’ di pazienza, si riesce a recuperare quasi tutto. La copia che ho trovato è in spagnolo con sottotitoli in italiano, leggermente sfasati, ma poco importa, perché la trama e i dialoghi in questo film non sono essenziali.
Vampyros Lesbos è uno dei film più noti di Jesús Franco, regista spagnolo prolifico e anarchico, un outsider che ha lavorato sempre ai margini, tra produzioni a basso costo e un’estetica fatta di erotismo, delirio e fascinazioni morbose. Per anni considerato un autore di film da serie B, è stato in parte riscoperto grazie all’interesse per il cinema trash degli anni settanta e alla stima di registi come Quentin Tarantino, che lo ha citato più volte tra le sue ispirazioni.
Girato tra Istanbul, Berlino e Alicante, Vampyros Lesbos è una rilettura psichedelica, femminile ed erotica del Dracula di Bram Stoker. A incarnare il fascino ipnotico del vampiro è Soledad Miranda, attrice con cui Franco aveva già collaborato in passato. Questo fu uno dei suoi ultimi ruoli, prima di morire in un incidente d’auto pochi mesi dopo, a soli ventisette anni.
Linda (Ewa Strömberg) è una giovane donna che lavora per uno studio legale a Istanbul. Da qualche tempo è tormentata da un sogno ricorrente in cui compare una donna misteriosa, bruna, e sensuale. Lo racconta al suo psicanalista, che liquida tutto come semplici fantasie. Quando Linda accompagna il suo compagno in un night club, riconosce sul palco, in un numero erotico e surreale, proprio la donna dei suoi sogni. Poco dopo, incaricata di occuparsi di un’eredità, Linda viene mandata su un’isola sperduta per incontrare una certa Contessa Nadine Carody (Soledad Miranda), discendente della stirpe di Dracula. Per Linda inizia un lento viaggio nell’abisso, tra eros e incubo, fino a un finale enigmatico che lascia il sospetto che nulla si sia davvero concluso.
Se si mette da parte la trama, i dialoghi e più di qualche incongruenza narrativa, Vampyros Lesbos riesce pure a catturarti. Il film di Franco più che un vero horror è un viaggio psichedelico e onirico che vive di suggestioni, erotismo e visioni. Il sangue c’è, ma è così acceso da sembrare porporina, quasi a voler dichiarare sin da subito la natura artificiale e teatrale del film. Franco punta tutto sull’atmosfera, sulle scene erotiche e prolungate tra le due protagoniste, sulle scenografie lisergiche e su una colonna sonora magnetica a metà tra il jazz, la lounge e la psichedelia pura. Un film di vampiri senza buio, abbagliante e solare, dove al posto del Dracula gotico e notturno troviamo una contessa lesbica che prende il sole seminuda su una sdraio e si esibisce in locali underground con abiti succinti. Le location turche, con le loro architetture stranianti e le luci irreali, amplificano la sensazione di trovarsi in uno spazio altro, sospeso tra sogno, incubo e allucinazione. Tutto contribuisce a creare un mondo fuori asse, dove ogni gesto sembra rallentato, ipnotico, carico di un erotismo morboso e rituale.
Visto oggi, il film può spiazzare per il ritmo dilatato, per un montaggio a tratti sgangherato, e per l’uso ossessivo dello zoom, ma se ci si lascia trasportare dalle immagini e dalla musica, e non si hanno troppe aspettative in fatto di tensione narrativa o capacità degli attori, Vampyros Lesbos riesce ancora a esercitare un suo fascino.