
La caduta della casa Usher (1928)
di Jean Epstein
Figura chiave dell’avanguardia francese, Jean Epstein, regista e teorico noto per il suo approccio visionario e sperimentale, nel 1928 ci regala una delle sue opere più celebri: La caduta della casa Usher. Prima trasposizione cinematografica dell'omonimo racconto di Edgar Allan Poe, il film, pur rimanendo poco noto al grande pubblico, è considerato uno dei capolavori del cinema muto capace di influenzare profondamente il cinema gotico degli anni trenta e quaranta.
La trama riprende quella del racconto di Poe, ma con significative variazioni. Un uomo (Charles Lamy) si reca nella sinistra dimora dell’amico Roderick Usher (Jean Debucourt), dove la giovane moglie Madeleine (Marguerite Gance) sta lentamente consumandosi mentre il marito ne dipinge ossessivamente il ritratto. Alla morte di Madeleine, Roderick si rifiuta di seppellirla, lasciandola in una bara coperta solo da un sottile velo. Durante una notte di tempesta, tra candele tremolanti, vento spettrale e un incendio devastante, Madeleine ritorna, trascinando con sé l’ultimo respiro della casa.
Epstein compie alcune sostanziali modifiche rispetto al racconto che da il titolo al film. Il rapporto tra Roderick e Madeleine diventa coniugale invece che fraterno, e il finale viene radicalmente trasformato. Inoltre, il regista intreccia suggestioni di altri racconti di Poe, come Ligeia e, soprattutto, Il ritratto ovale, con l’elemento del quadro che sembra sottrarre la vitalità di Madeleine man mano che il marito lo completa.
Epstein non si limita a raccontare una storia, non è interessato a una semplice trasposizione narrativa. Con l’ausilio di un giovane Luis Buñuel, qui in veste di aiuto-regista, utilizza il linguaggio delle avanguardie del tempo, attingendo al surrealismo e, in parte, all’espressionismo, per dare forma visiva all’essenza dell’opera di Poe. Il risultato è un’esperienza cinematografica profondamente sensoriale, dove inquietudine e tormento si manifestano attraverso tecniche innovative, come l’esposizione multipla e le dissolvenze. Le immagini, più che narrare, evocano: la nebbia che avvolge, le luci tremolanti e il movimento ipnotico del pendolo trasformano il film in un’allucinazione visiva che cattura l’anima decadente della casa Usher e dei suoi abitanti.
Una pellicola estremamente affascinante che dimostra come il cinema muto, affidandosi esclusivamente alla potenza delle immagini, possa esplorare con profondità emozioni, stati d’animo e visioni oniriche.
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