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venerdì, 21 novembre 2025
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Deserto rosso sangue

di Colin Minihan

Nel panorama ormai saturo del cinema zombie, trovare un'idea originale sembra un'impresa quasi impossibile.  Il sottogenere è stato esplorato in ogni direzione, dal dramma post apocalittico di 28 Giorni dopo alle orde di zombie di Train to Busan passando per la soap-opera di The Walking Dead o alle commedie splatter alla Shaun of the Dead.
Colin Minihan, regista canadese già noto per il claustrofobico ESP - Fenomeni paranormali, con Deserto Rosso Sangue (titolo originale It Stains the Sands Red) decide di operare per sottrazione, concentrandosi su un survival minimale, un confronto intimo tra una donna e uno zombie che la insegue nel deserto.

Siamo nel pieno di un'apocalisse zombie. Molly (Brittany Allen), una giovane donna dalla vita disordinata, sta fuggendo da Las Vegas con il suo fidanzato Nick per raggiungere un piccolo aeroporto e salire su un aereo diretto in Messico.
Quando la loro auto rimane bloccata nel deserto del Nevada, uno zombie solitario (Juan Riedinger) emerge dal nulla e uccide Nick. Rimasta da sola, a piedi, sotto il sole impietoso del deserto, Molly si incammina mentre il morto vivente la segue senza sosta. Lo zombie non corre, cammina lentamente, ma non si ferma mai. Molly invece ha bisogno di riposare, di bere, di mangiare. Inizia così una sorta di maratona surreale attraverso le dune, dove la vera sfida non è tanto sfuggire al mostro quanto sopravvivere a se stessa e ai propri demoni.

Questa, in sostanza, è la trama di almeno due terzi del film. Deserto rosso sangue è un'opera atipica che elimina quasi completamente l'elemento corale tipico del genere zombie per costruire un survival al femminile. Brittany Allen regge sulle proprie spalle l'intero film con una performance convincente. Il personaggio di Molly ci viene inizialmente presentato come una figura superficiale, una cocainomane incapace di assumersi responsabilità. Ma il deserto diventa uno spazio di trasformazione, un purgatorio fisico e spirituale dove Molly è costretta a confrontarsi con le scelte che l'hanno portata lì, incluso l'abbandono della figlia data in affidamento. Certo, risulta forse un po' eccessiva la resilienza di una donna, inseguita da uno zombie stalker, che cammina nel deserto per giorni con scarpe non proprio comodissime e addirittura il ciclo mestruale (a proposito, la scena in cui gli lancia il tampone con il suo sangue è un tocco di realismo geniale che raramente si vede al cinema). Tuttavia, dopo aver visto Revenge – non ci sono zombie, ma la protagonista è sempre una donna in fuga nel deserto – non mi sorprende più di tanto.
Interessante invece la dinamica che si crea tra Molly e lo zombie, che lei soprannomina "piccolo". Quello che inizia come terrore puro si trasforma gradualmente in qualcosa di più complesso: lei gli parla, lo insulta, si sfoga, arrivando a sviluppare una forma paradossale di familiarità che diventa il motore emotivo della pellicola.
Dal punto di vista tecnico, Minihan fa buon uso del poco budget a disposizione, sfruttando abilmente l'ambientazione desertica con riprese aeree e una fotografia efficace.
Certo, il film non è privo di difetti, specialmente per alcuni effetti visivi non impeccabili e certe forzature di sceneggiatura, sopratutto nel finale. Ma al di là di qualche ingenuità, va riconosciuto a Minihan il coraggio di aver puntato tutto su una protagonista complessa e su un'idea semplice ma efficace, oltre all'originalità di aver cambiato prospettiva sugli zombie firmando un road movie viscerale e femminista – nel senso più pragmatico del termine.

 

Film
Horror
Zombi
USA
2016
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