
Notti bianche
Fëdor Dostoevskij
Durante l'adolescenza ho letto parecchi classici della letteratura - i miei autori preferiti erano Kafka, Hesse, Bulgakov - ma ammetto candidamente di non aver mai letto, almeno fino a oggi, nulla di colui che viene considerato uno dei più grandi scrittori della letteratura, Fëdor Dostoevskij.
Raggiunto una fase della vita che definirei di "matura curiosità", ho deciso di colmare questa mia lacuna e prima di avvicinarmi a quelli che vengono considerati i suoi lavori più celebri, mi sono letto "Notti bianche", uno dei suoi romanzi brevi.
Ambientato in una Pietroburgo notturna e quasi onirica, il racconto è narrato in prima persona da un giovane sognatore senza nome, un uomo solitario e introverso che vive più nella sua immaginazione che nella realtà. Una notte, durante una delle sue passeggiate, incontra Nasten'ka, una giovane donna intrappolata in una vita di attesa e desideri sospesi. Quello che inizia come un incontro casuale si trasforma in quattro notti cariche di emozioni, confessioni e un’intensità che solo gli amori impossibili sanno evocare. Ma come spesso accade nei sogni, anche questa storia si scontra con il risveglio della realtà.
Pubblicato per la prima volta nel 1848, il romanzo narra la storia di un amore non corrisposto tra un uomo solitario, emarginato dal mondo e dalla vita, e una giovane donna di diciassette anni, luminosa e piena di vitalità, che attende il ritorno del suo grande amore. In pratica, in maniera superficiale e del tutto scanzonata, potremmo definire Notti bianche la madre di tutte le friendzone. Lui si innamora perdutamente, mentre lei lo apprezza giusto come amico. Nonostante la brevità del loro incontro, la ragazza riesce a scuoterlo dal suo torpore esistenziale, regalandogli un assaggio di quella cosa chiamata "vita vera". Ovviamente, il tutto dura giusto il tempo di fargli capire cosa si perde, prima che lei riprenda la sua strada e lui torni alla sua solitudine con l'illusione di un sentimento mai pienamente ricambiato.
È una storia carica di malinconia, in cui non è difficile immedesimarsi nel protagonista. Anch’io, in certi momenti, ho avuto la tendenza a rifugiarmi nella mia immaginazione per sfuggire al dolore o alla disillusione. Dostoevskij, con il suo sguardo impietoso e profondo, ci ricorda che la vita è un’altalena tra illusioni e realtà. E il protagonista? Lui resta appeso al momento in cui l’altalena scende, ma con la consapevolezza di aver vissuto, per la prima volta, un attimo di beatitudine e felicità.
Dio Mio! Un Minuto intero di beatitudine! E' forse poco per colmare tutta la vita di un uomo?
Decisamente struggente, come inizio non c'è che dire.
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