
The Dark Side Of The Moon Redux
Roger Waters
A distanza di cinquant'anni Roger Waters reinterpreta The Dark Side Of The Moon. Uno dei dischi più ascoltati dall'umanità. "Ma come osa un ottantenne rimettere mani a un capolavoro", "Una parodia di Cohen di un vecchio egocentico rancoroso", "un audiolibro con sottofondo musicale". Questi sono solo alcuni commenti che ho preso dai social. Una cosa è certa, Roger Waters ne ha di coraggio e di certo non si sottrae alle sfide (anche quelle perse in partenza).
Ho ascoltato il disco cercando di accantonare ogni tipo di pregiudizio. In questa nuova versione del capolavoro dei Pink Floyd, Roger Waters riduce all'essenziale la musica, la rallenta e la incupisce. Compie un opera di sottrazione, togliendo le chitarre di Gilmour, la voce di Clare Torry da The Great Gig in the Sky, e, ridotto all'osso la musica, reinterpreta le canzoni cantandole a voce bassa, profonda e cavernosa, un pò alla Tom Waits, inserendo qua e là numerosi monologhi.
Ovviamente non si può fare il paragone tra i due album, lo dice lo stesso Waters «It’s not a replacement of the original which, obviously, is irreplaceable». Quindi cos'è Redux, oltre ad essere una versione mortifera e monotona, mi verrebbe da dire inutile, di una pietra miliare praticamente perfetta? Forse è solo la rilettura di un opera del passato di un uomo che, arrivato all'età di ottanta anni, preferisce guardare indietro piuttosto che andare avanti fregandose del giudizio e delle critiche di quello che ritiene il suo detestabile pubblico.